Riassumendo la drammatica vicenda, la giovane, il 2 settembre 2016, si sottopone a un intervento di mini by-pass gastrico all’ospedale di Siena per superare i suoi problemi (genetici) di obesità, ma a causa del distacco di una graffetta dell’operazione, subito dopo essere stata rimandata a casa, va incontro a un’emorragia addominale. In preda a dolori sempre più acuti, la donna si reca per due volte al Pronto soccorso dell’ospedale di Latina, prima il 9 settembre, ma viene subito dimessa con un semplice analgesico, e poi l’indomani, il giorno del dramma. Sara infatti va in arresto cardiaco e riporta gravi danni cerebrali da cui non si riprenderà più. Spira il 27 dicembre dopo una crisi polmonare in una casa di cura di Bergamo, dove stava effettuando la riabilitazione neurologica.
All’indomani della tragedia, i familiari della vittima, tramite la consulente personale dott.ssa Simona Longo, per fare piena luce sui fatti e ottenere giustizia si sono rivolti a Studio 3A, società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità in ogni tipologia di sinistro, compresi i casi di presunta mala sanità, e hanno presentato un esposto presso i carabinieri di Zigonia. La Procura di Bergamo ha aperto un fascicolo per omicidio colposo iscrivendo nel registro degli indagati 25 sanitari di tutte e tre le strutture coinvolte e incaricando un consulente tecnico d’ufficio di effettuare la perizia medico legale per stabilire le cause del decesso e per accertare se sussistessero profili di responsabilità nel tragico evento da parte dei medici che hanno curato la paziente. E il CTU, il dott. Matteo Marchesi ha confermato come, con particolare riferimento al Pronto Soccorso di Latina e al secondo accesso, l’operato dei medici sarebbe stato “lacunoso”.
“In sostanza – recita la perizia – si deve concludere che il sospetto diagnostico del fatto settico fu posto, ma poi non furono poste in essere in modo completo tutte le misure raccomandate per contrastarne l’evoluzione. Inoltre, quando alle 12.32 fu manifestato un aggravamento del quadro clinico, non risultano essere stati messi in atto dei provvedimenti diagnostico-terapeutici tempestivi e incisivi”. Dunque, si rilevano “scostamenti rispetto alle linee guida e alle buone pratiche raccomandate dalla comunità scientifica e incongruenze rispetto alla gestione sanitaria attesa, che avrebbe dovuto essere più serrata e tempestiva. Un’ipotetica, diversa gestione del caso avrebbe probabilmente consentito di evitare l’arresto cardiaco, che diede luogo alla grave sofferenza encefalica e alla vicenda clinica che ne conseguì, e che si concluse con il decesso della paziente”.
Marchesi, però, aggiunge che “non è possibile quantificare tale probabilità e dimostrare che sarebbe stata prossima a una ragionevole certezza”, ed è bastata questa postilla alla Pm per richiedere l’archiviazione. Una decisione che aveva amareggiato i familiari di Sara: sul fronte civile, infatti, le conclusioni delle perizia rappresentano più che una garanzia per ottenere un congruo risarcimento (la donna lascia anche due figli); sul fronte penale, il fatto che il Gip non abbia voluto chiudere è la conferma che anche dal Tribunale vogliono vederci più chiaro.