Novanta anni di cause non sono stati sufficienti al Comune di Velletri per recuperare qualcosa dalla perdita degli usi civici, o almeno quello ha reclamato per tutto questo tempo l’ente pubblico, nella tenuta “La Fajola”. A mettere la parola fine a un contenzioso aperto nel 1926, respingendo il ricorso della pubblica amministrazione, è stata ora la Corte di Cassazione. Il 12 giugno 1926 l’ente pubblico fece richiesta al Commissario per gli usi civici di Roma di accertare e liquidare i diritti civici, tra cui quelli di pascolo, legnatico e raccolta delle castagne, che gravavano la tenuta. Con mille ettari di montagna in mano ai privati, il Comune chiedeva in pratica di accertare che in quelle zone vi fossero diritti di uso civico e che, essendo di fatto cancellati, i proprietari dei terreni risarcissero la comunità per quella perdita. Un ricorso avviato contro i fratelli Filippo, Saverio e Federico Santovetti e contro il principe Don Giovanni Torlonia. “La Fajola”, in virtù dei legami matrimoniali dei Torlonia, passò poi al marchese Alessandro Gerini e, alla morte di quest’ultimo, alla Fondazione ecclesiastica Istituto Marchesi Teresa, Gerino e Lippo Gerini, di recente balzata agli onori delle cronache per contenziosi sull’eredità del marchese. Il 12 marzo 2009, dunque ben 83 anni dopo la richiesta fatta al commissario per gli usi civici di Roma, proprio il commissario per gli usi civici del Lazio emise una sentenza, respingendo la richiesta del Comune. Due anni fa la Corte d’Appello di Roma respinse come inammissibile il reclamo proposto dal Comune e le speranze dell’ente, dopo che le parti hanno più volte tentato di raggiungere un accordo, erano tutte riposte nella Cassazione. Ma dalla Suprema Corte è ora arrivata l’ennesima doccia fredda. Il ricorso dell’ente guidato dal sindaco Fausto Servadio è stato respinto e l’amministrazione comunale è stata condannata a pagare le spese processuali alla Fondazione Gerini.
05/10/2015