Inizia con queste parole l’incontro con Fabio Vecchioni, residente a Lanuvio, che sabato 22 maggio, di ritorno da una camminata con la compagna, Federica Meddi, ha dissuaso una donna dal gettarsi dal ponte monumentale di Ariccia.
“Io e la mia compagna tornavamo da una lunga passeggiata. Una bella giornata di sole, un sacco di gente in giro, mezzogiorno passato. Ho visto questa figura seduta sul parapetto, il cappuccio a coprire la faccia, il viso rivolto verso il vuoto. La gente continuava a camminare, senza prestarle particolare attenzione. Ma qualcosa di questa figura ha richiamato la mia attenzione. Forse perché erano passate giusto 24 ore dalla tragedia del giovane ragazzo genzanese che si era tolto la vita allo stesso modo. Non so dire ma è suonato in me un campanello d’allarme, un sesto senso, perché qualcosa della scena non tornava. E quando mi sono reso conto che questa persona stava piangendo, ho capito che mi trovavo di fronte ad una situazione delicatissima.”
Vecchioni racconta la vicenda non nascondendo una certa commozione. È passato qualche giorno eppure ripercorrere quei momenti lo scuote ancora.
“Dalle unghie lunghe ho dedotto fosse una donna. E con estrema calma, mentre la mia compagna restava da parte ed era pronta, senza dare nell’occhio, a chiamare i soccorsi, io mi sono avvicinato alla signora. Le ho parlato pacatamente, chiedendole se ci fosse qualcosa che potessi fare per lei e dopo qualche sua parola incerta, le ho offerto il braccio e le ho proposto di allontanarci dal ponte e sederci poco più avanti per fare due chiacchiere in serenità al Parco della Rimembranza”.
Il tutto avviene in pieno giorno, mentre le persone continuavano a fare avanti e indietro in un verso e nell’altro. Spostatisi verso le panchine del giardino adiacente al ponte, in direzione di Albano Laziale, i tre hanno parlato fino all’arrivo dei soccorsi.
“Nessuno si è accorto di nulla. E così è stato fintanto che non sono arrivate ambulanza e forze dell’ordine. È questa la cosa che trovo inconcepibile. Continuo a pensare a cosa sarebbe potuto accadere se non avessi rallentato e guardato quella figura seduta sul muretto, se non mi fossi reso conto che stava piangendo. La vita di un essere umano non può e non deve dipendere dall’empatia e dalla prontezza di un passante. Le fragilità vanno prese in carico da professionisti e credo che un luogo come il ponte andrebbe presidiato e controllato da personale in grado di gestire questo tipo di situazioni, a maggior ragione dopo che si è appena verificato un suicidio, perché purtroppo non è raro che ne seguano altri.”
“Non sono uno psicologo ed è innegabile che la signora fosse in uno stato di particolare fragilità legato alla perdita del lavoro, ma dalle sue parole ho avuto l’impressione che il problema centrale fosse il vuoto che le si era fatto attorno nell’ultimo periodo, la grande solitudine ed il bisogno di essere confortata e supportata.”
L’incontro si chiude con l’augurio di Fabio Vecchioni che questo lieto fine possa essere lo sprone per le amministrazioni e le autorità a prevedere un controllo del ponte più puntuale e un appello a tutti noi a prestare attenzione alle persone che incrociano la nostra strada: non tutte hanno la forza, la possibilità di chiedere aiuto e spesso sta alla sensibilità di ciascuno di noi tendere una mano a chi ne ha bisogno.
Chiara Napoleoni