«Per eventuali interventi è necessario richiedere regolare nulla osta come previsto dell’art.12 delle Norme Tecniche di Attuazione dell’Ente Parco – spiega l’Archeoclub Colli Albani –. Dopo aver verificato che all’interno dell’Albo pretorio del Parco Regionale dei Castelli Romani non fosse stato rilasciato alcun nulla osta al Comune di Marino, abbiamo prontamente segnalato l’abuso e oggi, fortunatamente, questa discutibile copertura in legno è stata rimossa».
IL BARCO COLONNA
Il Barco Colonna è un luogo sacro e molto caro ai marinesi. Luogo mitico dei popoli latini, dove 3.000 anni fa i capi delle città latine si riunivano in assemblea per festeggiare le feriae latinae , tra il 1599 e il 1606 il cardinale Ascanio Colonna commissionò all’architetto Girolamo Rainaldi la sistemazione del Barco come riserva naturale e di caccia. Furono introdotti nella forra selvaggia alcuni manufatti artistici e architettonici rispondenti a un linguaggio colto e raffinato di indirizzo manieristico e barocco, di cui oggi restano soltanto opere sparse. Raro esempio di bosco misto nell’area dei Castelli Romani, nel 1927 venne rinominato Parco della Rimembranza. A 100 metri dopo il portale d’ingresso fu apposta una lapide commemorativa con su inciso “Dulce et decorum est/ pro patria mori”, in memoria dei 120 caduti marinesi durante la Prima guerra mondiale, in ricordo dei quali furono piantati 120 alberi di cui oggi non rimane traccia.
Nella sua lunga vita il Barco, conosciuto dai marinesi come “barcone”, ne ha viste e vissute tante. Nel 1944 il Commissario prefettizio puntò alla vendita di legname per rimpinguare le casse comunali, ma Zaccaria Negroni riuscì a salvare il Barco dal disboscamento. Nonostante gli sforzi, negli anni ’80, per far passare i mezzi pesanti necessari alla costruzione della cabina idrica, la cui mole di cemento campeggia all’interno, furono buttati giù 120 alberi piantati in memoria dei caduti della Prima Guerra Mondiale. Nel corso dei secoli molte delle statue cinquecentesche andarono perse o furono trafugate. Spesso lasciato in stato di abbandono, è stato utilizzato come discarica e come fognatura a cielo aperto dalle costruzioni abusive che lo circondano. Nonostante ciò, a oggi il Barco sopravvive grazie al lavoro del Parco Regionale dei Castelli Romani e soprattutto alla buona volontà di cittadini virtuosi che se ne prendono cura.
IL COMMENTO
«Consapevoli che è dalla storia che dobbiamo imparare per non commettere gli stessi errori, è nostro dovere ribadire che la valorizzazione dei luoghi passa attraverso la conoscenza degli stessi», spiega la presidente dell’Archeoclub Colli Albani Fabiana Giansanti. «Preservare un sito non vuol dire realizzare ex novo manufatti e fabbricati, ma piuttosto esaltare e mettere al centro dell’attenzione le qualità e la bellezza che già esiste ed è alla portata di tutti. Non tutte le aree verdi sono destinate a diventare aree giochi o aree picnic, ci sono posti, e il Barco è uno di questi».