Si tratta di una remunerazione della capacità produttiva, ossia soldi pubblici sborsati non per l’elettricità effetivamente prodotta ed utilizzata dagli utenti, ma per quella che ogni centrale sarebbe in grado di produrre in caso di emergenza. Soldi regalati ai gestori di tali centrali per i periodi in cui devono restare ferme o funzionare al di sotto delle proprie potenzialità, a causa della precedenza che deve essere concessa all’energia proveniente da fonti rinnovabili nell’immissione in rete. Una competizione che ormai è a vantaggio delle fonti pulite soprattutto in estate con il fotovoltaico, ma sempre più spesso questo avviene anche d’inverno con gli impianti eolici e idroelettrici. Questo fenomeno, perfettamente prevedibile per una classe dirigente attenta e competente, sta mandando in perdita tutti gli impianti che utilizzano combustibili fossili (gas, carbone e petrolio) per produrre a loro volta energia elettrica. Emblema di questo flop sono le centrali come la turbogas di Aprilia.
Non a caso è proprio la Sorgenia SpA di Carlo De Benedetti, titolare della tessera n. 1 del Partito Democratico, che ha fortemente voluto questo provvedimento governativo, votato dal Parlamento con l’ormai classico voto di fiducia. Proprio la società che ha imposto la costruzione della turbogas di Aprilia, in un periodo in cui l’attuale crisi economica era già scoppiata e l’eccesso di capacità produttiva da impianti termoelettrici a livello nazionale era conclamato, si trova oggi ad affrontare un enorme debito con le banche (circa 1,8 miliardi di euro); banche che hanno finanziato anche quell’impianto pur essendo stata, la struttura di Aprilia, l’ultima ad essere avviata rispetto alle quattro centrali a gas del gruppo Sorgenia oggi in funzione. Una decisione adottata nonostante il fatto che nel novembre 2008, quando fu eseguito lo sgombro del presidio del Comitato che ne contrastava la costruzione per avviare il cantiere (poi rivelatosi un sito archeologico molto interessante, ma a cose già avvenute), in Italia c’era già una capacità produttiva che era doppia rispetto al fabbisogno nazionale. Una situazione che a sua volta è stata frutto di precedenti scelte politiche scellerate, culminate con la cosiddetta legge “sblocca-centrali” del 2003 (voluto da Bersani).
Una legge che soprattutto dalle nostre parti ha fatto sbucar fuori come funghi ipotesi di impianti dello stesso genere; vedi i progetti poi abortiti a Velletri, Borgo Sabotino-Latina (presso il sito della ex centrale nucleare), Pontinia e Roccagorga. Nella sola Regione Lazio sono stati proposti ben 14 impianti, pur avendo la nostra regione una capacità produttiva quasi del 50% superiore al proprio fabbisogno. Grosso modo la stessa situazione che si sta ora riproponendo con i cosiddetti impianti a biogas, dove spesso si riscontrano malcelati intenti di smaltimento di rifiuti urbani, assimilati e industriali. Come al solito, puntando ai ricchi incentivi statali con la scusa dell’energia pulita.
Tutte le relazioni mensili del GME (Gestore Mercato Elettrico) dell’ultimo anno, infatti, hanno segnalato l’anomalia tutta italiana che il prezzo più alto di acquisto all’ingrosso di energia elettrica, mediamente si verifica nelle ore serali e non, come logica vorrebbe, nel primo pomeriggio, quando c’è maggior richiesta. Anche per questo, smentendo le proprie scelte, la società del compagno De Benedetti ha letteralmente lastricato di pannelli solari fotovoltaici i terreni accanto alla turbogas di Aprilia, così come avvenuto per l’area adiacente il sito nucleare di Borgo Sabotino – Latina. All’energia pulita non ci credevano, ma intanto hanno messo le mani avanti. Così adesso potranno incassare anche gli incentivi per il “capacity payment” oltre a quelli per le fonti rinnovabili. La stessa energia pagata due volte, alla faccia degli utenti.