Dovrebbe essere l’ultima notte in cella quella che ha trascorso Roberto Berardi, l’imprenditore pontino da due anni e sei mesi nel carcere di Bata, in Guinea Equatoriale, vittima di un processo farsa. La scarcerazione sarebbe dovuta avvenire lo scorso 19 maggio ma Roberto Berardi non è stato liberato, lasciando nello sconforto più totale i familiari di Latina. Secondo quanto dichiarato dalla segreteria del carcere, la detenzione precedente al processo che si è tenuto in Guinea Equatoriale non conta. Per il regime dittatoriale vigente in quel paese, la pena parte dal momento della sentenza: il 7 marzo 2013. Tutto, dunque, rimandato ad oggi. I familiari attendono da questa mattina una telefonata da parte del viceambasciatore che è insieme al legale di Roberto Berardi a Bata da ieri. Secondo quanto si apprende, il giudice avrebbe rinviato l’appuntamento di questa mattina a qualche ora più tardi. La fase cruciale è, dunque, proprio in queste ore. Alle 15.30 ancora nessuna telefonata è arrivata.
Sulle spine i familiari, che sperano che questa tortura fatta di percosse, luce spenta e isolamento possa davvero terminare. La paura di non poter riabbracciare Roberto nasce dal fatto che lo scorso 19 maggio non hanno ricevuto alcuna comunicazione ufficiale: né un foglio, né una lettera che attesta che è domani l’effettiva data di rilascio del pontino. A differenza della scorsa volta, non sono state organizzate conferenze stampa o convegni per sensibilizzare nuovamente la città di Latina a quello che dovrebbe accadere oggi. Le persone più vicine all’imprenditore sperano non sia più necessario dover organizzare qualcosa di più eclatante, come quando i figli Giulia e Marco si sono incatenati davanti all’Ambasciata con una maglia con la scritta: «Ridateci nostro padre».