Sono gli effetti a catena generati dal sequestro della discarica di Albano che risale ormai a venerdì 11 marzo, una vita fa considerati i tempi lampo della crisi in corso. La chiusura della discarica situata ai Castelli Romani, zona Roma-sud, in cui la città eterna interrava il proprio pattume dal 2 agosto scorso, ha costretto la Giunta Gualtieri a cercare soluzioni alternative per trovare alla svelta una destinazione a centinaia di tonnellate di immondizia al giorno, per la precisione circa 1000 al giorno. Di sicuro, i due impianti di TMB di Malagrotta, dentro cui i rifiuti indifferenziati vengono sminuzzati prima dell’interramento e/o incenerimento, che sversavano ad Albano i loro scarti, sono ora senza sbocchi, per questo hanno ridotto la loro capacità di lavorazione da 1.250 tonnellate al giorno a circa 250.
Sarebbero inoltre venuti meno i trasporti aggiuntivi verso la Rida Ambiente di Aprilia, durati solo 7 giorni. Un taglio che pesa sull’intero ciclo dei rifiuti capitolini. Tanto più che da qualche giorno ha iniziato a circolare anche in Campidoglio il timore che il sito di Albano finito sotto sequestro non riapra più.