Le baby bulle avrebbero trascinato la giovane liceale in bagno e l’avrebbero picchiata. Una volta tornata a casa, la vittima si è fatta accompagnare al pronto soccorso, dove ha ricevuto una prognosi di sette giorni.
Una volta venuta a conoscenza dell’episodio, la dirigente scolastica ha immediatamente allertato i carabinieri. Cosa peraltro già fatta dai genitori della stessa vittima.
Stando ai primi riscontri, si tratterebbe di un episodio isolato, seppur gravissimo. Le indagini dei carabinieri di Aprilia proseguono nel più stretto riserbo, sia per la delicatezza della vicenda e sia per l’età minore delle persone coinvolte.
Il “mostro” nei nostri ragazzi
di Stefano Carugno
Ecco un caso di cronaca in cui ci asteniamo dal fornire i particolari della vicenda: pur conoscendoli e avendoli ricavati da fonti certe, anche attraverso un accurato fact checking (verifica di affidabilità delle fonti), preferiamo non dettagliare fatti e circostanze. Siamo in presenza di minorenni ed è quindi giustamente richiesta la massima attenzione.
La notizia la diamo. Dobbiamo darla, perché la nostra missione è informare, ma non vogliamo scivolare in un gossip troppo spesso morboso.
Il giornalista quindi deve diventare un equilibrista. Da una parte l’esigenza di tutelare i minori coinvolti e non scadere nel gossip, dall’altra quella di fornire le notizie esatte per combattere la diffusione delle fake news.
Siamo infatti nell’era dei social network e quando una notizia di questo tipo monta come una gigantesca onda, non c’è nessuna barriera che possa fermarla. Si propaga molto velocemente, con tutte le distorsioni figlie delle accese discussioni tenute su Facebook e Whatsapp, fatte da persone che non hanno gli strumenti per sapere come va gestita una tale informazione.
Noi giornalisti abbiamo un codice deontologico (poi anche tra noi c’è qualcuno che non lo applica).
Le persone comuni dovrebbero avere il buon senso. Ma questo è difficile da ottenere, visto il dilagare dei leoni e leonesse da tastiera formatisi davanti alla Tv delle liti e del dolore.
Questi giovani arrivano da un lungo stravolgimento sociale e psicologico che è stato il lockdown. Crescono in un mondo che cambia velocemente, senza quindi che genitori e insegnanti riescano a seguire l’evolversi delle loro problematiche adolescenziali.
Ma dico questo non per giustificare qualsiasi loro comportamento, quanto piuttosto per puntare i riflettori su quanto sia aumentata la responsabilità proprio di genitori e insegnanti a seguirli con maggiore attenzione e, dove c’è bisogno, cercare di fornire loro strumenti adatti affinché, seppur così giovani, possano combattere il “mostro” che ognuno di loro ha dentro e che ognuno di loro manifesta in modo differente.
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