Sgarbi non ha una risposta certa, ma Petrucci sì
Sgarbi ha sostenuto che non ha una risposta certa a tale quesito e che il ‘dilemma’ dovrà essere risolto da Francesco Petrucci, l’architetto di professione curatore di palazzo Chigi e della mostra della Presa di Cristo esposta ad Ariccia, a palazzo Chigi, fino al prossimo 14 gennaio. L’architetto Francesco Petrucci, considerato tra i massimi esperti mondiali del dipinto di Caravaggio, grande appassionato d’arte, è stato ben lieto non solo di risponderci, ma di permettere all’arte di risolvere definitivamente tale dilemma.
La Presa di Cristo esposta ad Ariccia è l’originale!
“La Presa di Cristo della collezione Ruffo (quella esposta ad Ariccia, ndr) – ci ha risposto l’architetto Petrucci – è la prima versione (ossia, quella originale, ndr), mentre quella di Dublino si ritiene essere una replica, migliorata in senso estetico e iconografico, ma priva dell’alta drammaticità del modello da cui deriva. Tutte le altre versioni (15) sono copie di qualità più o meno modesta”.
La risposta integrale dell’architetto Petrucci:
“Considerazioni sulle due versioni della “Presa di Cristo” di Caravaggio”, a cura dell’architetto Francesco Petrucci (che traduciamo anche in inglese, ad uso del mercato anglofono).
“In pittura – ci spiega l’architetto Petrucci – bisogna distinguere tra originali, cioè prime versioni e repliche autografe, realizzate cioè dallo stesso pittore, e le copie, che invece sono eseguite da altri artisti. L’attribuzione di un’opera d’arte si basa su una metodologia filologica, che ha una premessa nel suo esame tecnico e stilistico. Se l’attribuzione è corretta, cioè l’opera corrisponde ai modi dell’artista, si cercano conferme a livello documentario e iconografico.
Per Caravaggio, dato il suo modo di procedere direttamente sulla tela per successivi aggiustamenti, la critica ha attribuito negli ultimi tempi un’importanza, talora eccessiva, anche alle indagini diagnostiche. Rilevando la presenza di pentimenti e cambiamenti dalle radiografie, riflettografie, etc., spesso è possibile stabilire se si tratti di una prima versione, di una replica o di una copia eseguita da altra mano.
Nella Presa di Cristo Ruffo oggetto della mostra, questi aspetti convergono verso una totale autografia e su una priorità assoluta nei confronti della versione di Dublino, che deve ritenersi una replica successiva: un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, tre indizi sono una prova. Qui ce ne sono talmente tanti che è anche difficile elencarli in un’intervista. Bisogna leggere il catalogo della mostra!
Esame stilistico-iconografico
Dal punto di vista stilistico il quadro presenta uno spiccato pittoricismo, è cioè dipinto “di prima”, in maniera diretta e senza esitazioni, secondo il modo di lavorare di Caravaggio, legato a una tradizione lombardo-veneta che corrisponde alla sua formazione. Anche i colori sono quelli suoi tipici, con una tendenza al monocromo, privilegiando il nero, le terre e il rosso di cinabro. L’azzurro viene ammorsato, scurito, come da consuetudine.
Le figure sono inserite in uno spazio buio, metafisico, senza un’ambientazione reale, come nelle sue opere della maturità. Infatti Caravaggio è un pittore “concettuale”, interessato alla dimensione psicologica dell’evento, non all’aderenza rigorosa al racconto storico. A riguardo la figura di Cristo è ispirata alla Sindone, che Caravaggio ben conosceva attraverso la sua provenienza lombarda e la devozione di San Carlo Borromeo che ne promosse il culto e le copie. Si tratta di una prefigurazione della sua morte, trattandosi del primo atto della Passione; anzi tutta la Passione di Cristo è già anticipata in questo quadro!
La versione di Dublino al contrario è invece molto curata nei dettagli, con un chiaroscuro avvolgente, una pittura pastellata, un luminismo diffuso, colori accessi poco comuni in Caravaggio, come l’azzurro lapislazzuolo della veste di Cristo, il rosa della veste di Guida, etc. In realtà anche le fisionomie sono più nordiche che italiche.
La presenza di fogliame e arbusti sullo sfondo allude all’Orto dei Getsemani, mentre il taglio laterale della composizione, con la presenza di due lance in alto a destra, allude a una moltitudine, come descrivono i Vangeli. È un dipinto in cui prevale l’aderenza iconografica, la ricerca estetica, la piacevolezza delle forme e
del colore, ma privo della drammaticità del modello da cui deriva. Per questo alcuni studiosi pensano che sia corretta l’attribuzione a Gherardo delle Notti, presente sin dagli inventari tardo settecenteschi della collezione Mattei e anche dopo.
Esame documentario
Dal punto di vista documentario sappiamo che Caravaggio fu pagato da Ciriaco Mattei il 2 gennaio 1603 “per un quadro con la sua cornice dipinta d’un Cristo preso all’orto”, quindi anche per la cornice decorata eseguita probabilmente su suo disegno. Come risulta dall’inventario del 1616 esisteva nella collezione Mattei un solo quadro di tale soggetto, quello “con la cornice nera rabescata d’oro”, certamente la medesima citata nel pagamento.
Dalla descrizione risultava essere una cornice su fondo nero decorata con motivi ad arabeschi dorati, tipica di altre tele romane del Merisi, simile a quella del quadro Ruffo. Il dipinto attorno al 1624 passa al marchese Asdrubale Mattei, divenuto capofamiglia dopo la morte del fratello Ciriaco, che commissiona una serie di dipinti ispirati alla vita di Cristo attorno al quadro di Caravaggio, aventi le stesse dimensioni e simili cornici. Quelle del quadro esposto in mostra!
L’opera rimase nella collezione Mattei fino alla morte di Asdrubale nel 1638, dopo se ne perdono le tracce. Secondo la ricostruzione effettuata il quadro ricompare nel 1688 a Napoli in un inventario della collezione Vandeneynden, famiglia di mercanti fiamminghi che aveva stretti rapporti commerciali con Roma, e passa per successione ereditaria alla collezione Colonna di Stigliano.
L’ultima erede, la principessa Cecilia Ruffo dei duchi di Bagnara, negli anni ’30 del XIX secolo vendette il palazzo Zevallos Stigliano in via Toledo presumibilmente con le opere in esso conservate, compreso il quadro di Caravaggio. Esso ricompare nella collezione Ruffo dei principi di Scilla, tra le più importanti casate del Regno di Napoli e l’unica sopravvissuta dei vari rami, ove si trovava da circa 200 anni.
Presso la famiglia Ruffo di Calabria fu acquistato nel 2003 dall’attuale proprietario. Solo nel 1624, a quattordici anni dalla morte di Caravaggio, compare nella collezione Mattei un altro quadro di medesimo soggetto a lui attribuito, esposto come sovrapporta nella camera da letto del figlio del marchese, monsignor Paolo Mattei. Esso aveva una semplice cornice dorata ed era di dimensioni molto più piccole.
Tale quadro, che rimase nella raccolta Mattei fino al 1802, dalla seconda metà del ‘700 viene attribuito negli inventari al famoso pittore olandese Gherardo delle Notti. Esso corrispondente probabilmente a quello ritrovato da Sergio Benedetti nel 1990 nel Collegio dei Gesuiti di Dublino e concesso dal 1993 in deposito presso la National Gallery della città irlandese.
Indagini diagnostiche
Le approfondite indagini diagnostiche sulla tela esposta in mostra hanno rilevato la presenza di numerosi pentimenti e radicali variazioni, secondo un work in progress, che attestano la sua priorità rispetto alla versione di Dublino. Questa, ove i cambiamenti sono praticamente assenti, esclusi piccoli aggiustamenti, secondo la logica per una composizione così complessa e articolata fu realizzata successivamente.
TRADUZIONE INTEGRALE DI ARTICOLO GIORNALISTICO E VALUTAZIONE ARTISTICA
Is Caravaggio’s The Taking of Christ exhibited in Ariccia the original or a subsequent work of art? We reveal (in exclusive) the answer…
Is the Taking of Christ by Caravaggio exhibited in Ariccia the original painting by the Italian genius or a subsequent work of art? The question was raised by Vittorio Sgarbi with a post on his social profile on 15 October (if you want to read what the art critic said, click here). There are two versions of the Taking of Christ by Caravaggio: one is in Ariccia, the other in Dublin (Ireland). But which of the two was made first – thus taking the attribution of original – and which second – thus automatically becoming the replica?
Sgarbi does not have a definite answer, but Petrucci does
Sgarbi argued that he does not have a definite answer to this question and that the ‘dilemma’ will have to be solved by Francesco Petrucci, the architect and curator of the exhibition of The Taking of Christ at Palazzo Chigi in Ariccia until 14 January. Architect Francesco Petrucci, considered to be one of the world’s foremost experts on Caravaggio’s painting and a great art enthusiast, was happy not only to answer our question, but he also helped us to solve the dilemma.
The Taking of Christ exhibited in Ariccia is the original!
‘The Taking of Christ in the Ruffo collection (the one on display in Ariccia, ed),’ the architect Petrucci explained, ‘is the first version (i.e., the original, ed), while the one in Dublin is believed to be a replica, improved in an aesthetic and iconographic sense, but lacking the high drama of the model from which it derives. All the other versions (15) are copies of more or less modest quality’.
Architect Petrucci’s full response:
“Considerations on the two versions of Caravaggio’s ‘Taking of Christ'”, by architect Francesco Petrucci, (which will be translated into English, for the English-speaking market)
“In painting,” architect Petrucci explains “a distinction must be made between originals, i.e. first versions and authentic replicas, i.e. made by the same painter, and copies, which are instead executed by other artists. The attribution of a work of art is based on philological research, starting with its technical and stylistic examination. If the attribution is correct, i.e. the work corresponds to the artist’s style, documentary and iconographic confirmation is sought.
In the case of Caravaggio, given his way of proceeding directly onto the canvas for subsequent adjustments, critics have also attributed (sometimes even excessive) importance to diagnostic investigations in recent times. By detecting the presence of changes from x-rays, reflectographs, etc. it is often possible to establish whether it is an early version, a replica or a copy made by another artist.
In the Taking of Christ all the results of the exams suggest that it is an authentic and original painting made before the Dublin version, which must be considered a later replica: a clue is a clue, two clues are a coincidence, three clues are a proof. There are so many here that it is also difficult to list them in an interview. You have to read the exhibition catalogue!
Stylistic-iconographic examination
From a stylistic point of view, the painting shows a pronounced pictorialism, i.e. it is painted ‘di prima’, directly and without hesitation, in line with Caravaggio’s way of working, based on the Lombard-Venetian tradition which is the environment where he was trained. The colours are also his typical ones, with a tendency towards monochrome, favouring black, earth colours and cinnabar red. The blue is softened, darkened, as customary.
The figures are set in a dark, metaphysical space, without a real setting, as in his mature works. Caravaggio is a ‘conceptual’ painter, interested in the psychological dimension of the event, not in strict adherence to the historical narrative. In this regard, the figure of Christ is inspired by the Shroud, which Caravaggio knew well because he was from Lombardy, where St. Charles Borromeo promoted its cult and its copies. It is a prefiguration of Christ’s death, since it is the first act of the Passion; indeed, the entire Passion of Christ is already anticipated in this painting!
The Dublin version, on the other hand, is very detailed, with a captivating chiaroscuro, pastel painting, diffuse luminism, and bright colours uncommon in Caravaggio, such as the lapis lazuli blue of Christ’s robe, the pink of Guida’s robe, etc. In fact, even the physiognomies are more Nordic than Italic.
The presence of foliage and shrubs in the background alludes to the Garden of Gethsemane, while the lateral cut of the composition, with the presence of two spears on the upper right, alludes to a multitude, as described in the Gospels. It is a painting in which iconographic adherence, aesthetic research, and pleasantness of form and colour prevail, but lacking in the drama of the original painting. This is why some scholars believe that the attribution to Gherardo delle Notti is correct.
Documentary Examination
From a documentary point of view, we know that Caravaggio was paid by Ciriaco Mattei on 2 January 1603 “for a painting with its painted frame of a Christ Taken in the Garden”, thus also for the decorated frame probably designed by him. As the inventory of 1616 shows, there was only one painting of this subject in Mattei’s collection, the one “with the black frame adorned with golden arabesques”, certainly the same one mentioned in the payment.
From the description it appeared to be a black frame decorated with golden arabesque motifs, typical of other Roman canvases by Merisi, similar to that of the Ruffo painting. The painting was given in 1624 to Marquis Asdrubale Mattei, who became head of the family after the death of his brother Ciriaco, who commissioned a series of paintings inspired by the life of Christ to be displayed around Caravaggio’s painting, having the same size and similar frames of the painting on display in the exhibition!
The work remained in the Mattei collection until Asdrubale’s death in 1638, after that date it is impossible to track the painting. According to the reconstruction made, the painting reappeared in 1688 in Naples in an inventory of the Vandeneynden collection, a family of Flemish merchants who had close trade relations with Rome, and passed to the Colonna di Stigliano collection by inheritance.
The last heiress, Princess Cecilia Ruffo of the Dukes of Bagnara, sold Palazzo Zevallos Stigliano in Via Toledo and presumably the works of art in it in the 1830s, including the painting by Caravaggio. It reappeared in the Ruffo collection of the princes of Scilla, one of the most important families of the Kingdom of Naples where it had been for about 200 years.
The current painting’s owner purchased it from the Ruffo family of Calabria in 2003 by. Only in 1624, fourteen years after Caravaggio’s death, another painting on the same subject attributed to him appeared in the Mattei collection, exhibited as an overdoor in the bedroom of the marquis’ son, Monsignor Paolo Mattei. It had a simple gilded frame and was much smaller in size.
This painting, which remained in the Mattei collection until 1802, was attributed to the famous Dutch painter Gherardo delle Notti in inventories of the second half of the 18th century. It probably corresponds to the one found by Sergio Benedetti in 1990 in the Jesuit College in Dublin and in the National Gallery of the Irish city since 1993.
Diagnostic Investigations
Extensive diagnostic investigations on the canvas on display in the exhibition revealed the presence of numerous repetitions and radical changes, which attest to its priority over the Dublin version. In the latter, changes are practically absent except for minor adjustments, and this suggest that it was made later.
Se vuoi leggere la notizia relativa all’arrivo di Luca Zingaretti ad Ariccia per il suo ultimo film, clicca qui.