I Castelli Romani – hinterland di comuni a sud di Roma – sono ancora protagonisti al cinema: Rocca di Papa, Daniel Terranegra rocchiggiano doc ha recitato un ruolo da protagonista indiscusso nel primo film con la regia di Claudio Bisio ‘L’ultima volta che siamo stati bambini‘ attualemente in proiezione nelle sale cinematografiche italiane.
Daniele Terranegra, originario del comune castellano (per sapere dove si trova, clicca qui), è entrato nel cast del primo film da regista del noto attore, presentatore e comico italiano Claudio Bisio, dopo altri due importanti lavori cinematografici, ossia: ‘Fabrizio De Andrè, Principe Libero’ (2018), ‘Cobra non è – Vita da Rapper’ (2020) e ‘Noi anni Luce’ (2023) (per la biografia di Daniel, clicca qui) .
‘L’ultima volta che siamo stati bambini’ è, in sostanza, un’elogio all’amicizia in tempo di guerra e a quella difficile, bellissima lotta che è – in qualsiasi epoca e in qualsiasi situazione – crescere e diventare adulti. Il film è tratto dal rinomato libro di Fabio Bartolomei.
Il ruolo di Riccardo
La traccia narrativa è ambientata a Roma, al tempo della deportazione degli ebrei in Germania. Tra i ragazzini che mimano la guerra ce ne sono tre di dieci anni, inseparabili: Italo, figlio del Federale fascista, Cosimo e Riccardo. L’ultimo è ebreo: quando viene portato via, gli amici decidono di raggiungerlo per spiegare ai tedeschi che il ragazzo non ha nessuna colpa di quel che è, quindi va lasciato libero. Il ruolo di Riccardo è proprio quello impersonato dall’attore rocchiggiano doc Daniel Terranegra. Si aggiunge al nutrito gruppo di amici anche Vanda, orfanella assai più perspicace dei coetanei maschi.
Il libro
La storia del film con regia di Claudio Bisio è tratto, come accennato in apertura, dal libro omonimo di Fabio Bartolomei. Narra la storia di Cosimo, Italo, Vanda e Riccardo hanno dieci anni e passano le giornate a giocare insieme, in una Roma martoriata dalla guerra e dalla fame. Nonostante le incertezze del conflitto, hanno trovato una loro normalità fatta di scherzi, dispetti e monellerie.
Finché un giorno Riccardo, ebreo, viene “rubato dai tedeschi” e portato “alla fine della ferrovia”, come hanno sentito dire dai grandi. Agli altri bambini questo non sta bene, perché Riccardo è un bravo bambino e non merita il “campo”. Del resto, pensano i tre amici, la colpa del suo essere ebreo è dei genitori, non sua.
Bisogna salvarlo e serve un piano: si deve andare alla fine della ferrovia e spiegare ai tedeschi che si è trattato di un equivoco. Già, ma dov’è la fine della ferrovia? Probabilmente non lontanissimo, solo un po’ lontano, verso nord. Per raggiungerla basta seguire i binari del treno.
L’epopea dei giovani amici
Inizia così l’epopea dei giovani protagonisti di L’ultima volta che siamo stati bambini di Fabio Bartolomei (2018, Edizioni e/o), un romanzo in cui tutte le tematiche della grande letteratura di viaggio si snodano nel contesto dell’Italia della guerra e delle leggi razziali. Un’epoca in cui le bombe, la fame e la paura del nemico dilaniano i rapporti umani fino alle conseguenze più tragiche.
Guidati dall’inappuntabile e integerrimo balilla Italo, Cosimo e Vanda partono per un viaggio aspro, da grandi e non da bambini, nel quale impareranno forzatamente i valori della fratellanza e della lealtà e metteranno in dubbio l’orgogliosa retorica fascista che hanno introiettato dagli adulti.
L’improbabile fuga
L’improbabile fuga dei bambini dà il via a un’altra disperata missione di soccorso: quella di Agnese, suora dell’orfanotrofio che ospita Vanda, e del soldato Vittorio, fratello di Italo e strenuo difensore dell’interventismo italiano. Due mondi opposti, in cui i rispettivi dogmi si scontrano con una realtà amara e difficile da decifrare, dove le certezze si sgretolano una dopo l’altra e in cui è impossibile individuare amici e nemici, alleati e antagonisti.
Bartolomei riesce a raccontare gli orrori della guerra e la Shoah in maniera delicata e ironica, proprio come la racconterebbero i bambini. Una grande avventura in cui costruire zattere, andare a dormire senza orari e rubare galline. Un gioco che, tuttavia, ben presto smette di essere divertente e assume le coordinate del dramma. E nel quale ad un certo punto, inevitabilmente, si smette di essere bambini.
L’ultima volta che siamo stati bambini è una fiaba nera come la guerra e candida come l’animo dei protagonisti. Una storia da vivere come se fosse un road movie d’annata. Cercando, se possibile, di leggere le vicende di questa banda di monelli senza farsi condizionare dalla conoscenza dall’epilogo triste e immodificabile della Storia.
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