La visita guidata comprende anche una puntata al Museo Tuscolano situato all’interno delle Scuderie Aldobrandini (Scuderie che presto, tra l’altro, verranno anche riammodernate, per leggere la notizia clicca qui).
Nel luogo dell’appuntamento è disponibile un grande parcheggio per le auto. La prenotazione è obbligatoria nelle modalità indicate qui di seguito. L’iniziativa culturale, con tanto di guida d’accompagnamento, è promossa dalla Regione Lazio nell’ambito del tour di “Di Villa In Villa” curato dal Gruppo Archeologico Latino Latium Vetus Aps.
Parliamo di una serie di visite guidate straordinarie promosse, per l’appunto, dalla Regione Lazio, attraverso l’Irvit, l’Istituto Regionale Ville Tuscolane, inserite nella rassegna denominata ‘Di Villa in Villa’. Il costo del biglietto è di 10 euro mentre è gratuito per i ragazzi fino a 12 anni.
Prenotazione obbligatoria
La prenotazione è obbligatoria inviando una mail a: [email protected].
I biglietti d’ingresso a musei e ville, laddove previsti, saranno a carico dei partecipanti. La manifestazione vede il patrocinio dei Comuni di Frascati, Grottaferrata e Monte Porzio Catone e si svolge in collaborazione con il Parco Archeologico di Tuscolo.
Villa Sora, a Frascati
Villa Sora è una delle sei Ville Tuscolane di Frascati, posta precisamente sull’antica via Romana, oggi Via Tuscolana. Un tempo, la superficie su cui sorge la villa faceva parte del “Tuscolano” di Licio Licinio Lucullo e, in epoca successiva, della villa di Saverio Sulpicio Galba, imperatore di Roma dal 68 al 69 d.C.
Un casale di campagna venne costruito sul fondo a partire dalla prima metà del XVI secolo e conosciuto con il nome di “Torricella”. Le prime notizie documentate risalgono all’anno 1546 e sia l’edificio che il terreno circostante a quell’epoca risultavano di proprietà dei religiosi della cappella del “Santa Sanctorum” di Roma. Successivamente, la costruzione subisce profonde trasformazioni e ampliamenti a opera dei nuovi proprietari, i conti Moroni, di origine milanese, che ebbero il raro privilegio di ospitare nella villa restaurata sia il papa Gregorio XIII che il cardinale Carlo Borromeo nel novembre del 1582.
Dopo tale solenne visita, la villa prese anche il nome di “villa del papa”, potendosi altresì fregiare dell’insegna dei Boncompagni (la casata del pontefice) sul portone principale. Nel maggio del 1600, Giacomo Boncompagni, duca di Sora e figlio naturale di Gregorio XIII, acquistò la proprietà da Bartolomeo Moroni ponendovi la propria residenza con la moglie Costanza Sforza di Santa Fiora.
I Boncompagni rimasero proprietari della villa per quasi trecento anni, alternando periodi di splendore a fasi di decadenza. Finché nel 1893, Rodolfo Boncompagni Ludovisi, principe di Piombino, cedette la villa con tutti gli arredi a Tommaso Saulini che la tenne fino al 1900 per lasciarla poi ai padri salesiani che ne conservano tuttora la proprietà.
Con l’avvento dei salesiani, la struttura architettonica dell’antica villa venne rivista. Fu istituito un collegio che a lungo rivaleggiò con il Nobile Collegio di Mondragone, gestito dai Gesuiti. I salesiani costruirono, nel 1912, un nuovo corpo di fabbrica destinato a ospitare delle scuole che verrà congiunto alla villa, nel 1926, attraverso un lungo corridoio. L’originaria costruzione era caratterizzata da un edificio a forma quadrata a tre livelli, dotata di due torrette: una con vista su Roma, l’altra, più piccola, prospiciente la facciata principale. Passato il portale d’accesso, si accedeva nel cortile e, per mezzo di una scala, ai piani superiori.
Nel salone, al piano nobile del palazzo, sulle quattro pareti vi sono affreschi con scene allegoriche che riproducono le nove muse, intervallate dalla rappresentazione di uomini illustri e da scene di paesaggio. Per lungo tempo la decorazione di questa sala è stata attribuita ai fratelli Taddeo e Federico Zuccari ma studi più recenti e approfonditi la indicano affrescata da Cesare Rossetti, della bottega del Cavalier d’Arpino. Attigua al salone si trova la bella cappella detta di San Carlo Borromeo: sulla porta è rappresentata l’Annunciazione, sull’altare trova spazio la tela dell’Assunzione della Vergine e nella volta la SS. Trinità, ciclo attribuito a Nicolò Riccioloni.
Villa o villino Mergé
Villa Mergè “Palazzetto” sorge nella zona orientale di Frascati, non distante dal Portale delle Armi, ai margini dei possedimenti Borghese, tale vicinanza ha indotto molti storici a ritenere, sulla base di una tradizione orale non documentabile, che anche il Palazzetto, con i suoi terreni agricoli, fosse parte dei possedimenti del cardinale Camillo Borghese, il futuro Paolo V, che in seguito decise di donarlo come atto di riconoscenza al suo archiatra Vittorio Merolli, che lo avrebbe abitato fino alla morte avvenuta nel 1620. Una differente teoria vuole invece Merolli stesso quale committente della villa.
Recenti studi, hanno dato alla luce documenti che attesterebbero come il primo proprietario del “Palazzetto” sia stato Luigi Gomez, amministratore della Tesoreria del Portogallo presso la Santa Sede. Questi nel 1635 acquistò un edificio incompleto, che Domenico Menti, tesoriere del Duca di Bracciano,
nel 1634 si fece costruire ex novo ‘domum in eius villa posita in agro Tuscolano’, sopra ciò che restava della villa che la gens Annea possedeva al Tuscolo e poi sequestrato dalle maestranze per mancati pagamenti. In questa ipotesi il casino sarebbe di qualche anno posteriore (Paolo V muore nel 1621) e inoltre non appare nella incisione di M. Greuter del 1620, incisione che secondo gli studiosi rispecchierebbe l’assetto degli anni 1618-19. Il Gomez tra il 1636 e il 1639 apportò importanti miglioramenti sia al parco, che venne incrementato con ulteriori acquisti di terreni e messo a coltura, sia alla villa, che venne terminata ad opera dell’ architetto Francesco Peparelli.
I successivi proprietari del casino furono ancora portoghesi: dal 1641 fu di Gabriele Fonseca, cognato del Gomez, poi dei suoi eredi fino al 1674, quando passò a Nicola Silva (o Sylva) e da questa famiglia lasciato in eredità nel 1808 al conte Muzio Dandini de Sylva. Lasciata in enfiteusi a Gaetano Masi, divenne proprietà di Ascenzio Mastrofini, che ne aveva sposato la figlia, e infine della famiglia Mergè, originaria dell’Auvergne, che tuttora la possiede.
La villa fu purtroppo occupata dai tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale: sulla porta d’accesso del vano scala al pianterreno (oltre alle imbottiture di tenuta), c’è ancora il cartello, con la scritta in tedesco “Gasschutzssammelraum” (rifugio antigas), a indicare l’uso riservato all’ambiente all’ingresso di servizio durante il conflitto.
La funzione del Palazzetto era quella di residenza estiva per la nobiltà romana, che vedeva nella vicina campagna un efficace rifugio dalla calura e dall’aria malsana che rendevano invivibile Roma nei mesi estivi. L’edificio ripete semplificate le caratteristiche della primitiva fase delle ville tuscolane, prima delle contaminazioni e degli ampliamenti settecenteschi, rimanendo insieme al ‘Casino Pescatori’, uno dei soli due esempi esistenti della disposizione planimetrica autentica di villa tuscolana. All’interno i due piani nobili sono entrambi decorati da cicli pittorici attributi ad Agostino Tassi e bottega.
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