La vicenda è avvenuta in provincia di Latina e va avanti dal 2017, da quando cioè la confisca è diventata definitiva come sancito dalla Cassazione.
Il decreto emesso dall’Agenzia nazionale per i beni confiscati alla criminalità organizzata parla infatti solo di due piani. Un cavillo a cui si è appigliato il proprietario (ormai ex) della palazzina che gli è stata definitivamente tolta.
“Il fatto che il Tribunale abbia specificato che la palazzina era costituita anche da un “un secondo piano risultante in costruzione, ma di fatto completato” non può essere interpretato come volontà di limitare espressamente l’oggetto della confisca ai primi due piani, in quanto – come rilevato dal Consiglio di Stato nell’ordinanza cautelare – la mancata menzione del terzo piano appare semplicemente una diretta conseguenza del fatto che lo stesso non era accatastato, perché realizzato in modo totalmente abusivo”, si legge nella sentenza del tribunale amministrativo regionale di Latina, che respinge il ricorso dell’ormai ex proprietario.
“Il Tribunale non avrebbe, pertanto, avuto possibilità di menzionare specificatamente il terzo piano nel suo provvedimento. Non può, di conseguenza, ritenersi che lo stesso sia escluso dall’ambito della confisca”, si legge ancora.
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