Il provvedimento di acquisizione municipale ha riguardato però, oltre all’immobile abusivo, anche circa 1600 metri quadrati di giardino circostante. Ossia più del doppio del limite massimo ammesso dalla legge. Proprio la legge – così sostengono i giudici del Tar – non permette agli Enti pubblici di acquisire aree ampie più di 10 volte rispetto a quelle ‘contestate’.
In questo caso, il Comune avrebbe dovuto acquisire al massimo 800 metri quadrati di giardino, non un metro di più. L’errore è risultato quindi imperdonabile, fatale, almeno a livello giudiziario, ed ha comportato la sconfitta del comune stesso condannato anche al pagamento delle spese processuali di 2mila euro.
È questo, in buona sostanza, quanto stabilito dai giudici del Tar del Lazio, sezione II^ Stralcio, lo scorso 20 marzo, con la sentenza n.5584/2024. Il ricorso promosso dal proprietario dell’immobile risaliva a 8 anni fa, per la precisione al 2016.
Il Comune requisisce casa abusiva e 1600 mq di giardino
L’opera abusiva si trova, per l’appunto, a Rocca di Papa. Comune di Roma sud, situato nel cuore del Parco dei Castelli Romani. Misura 8 metri per 10, ossia 80 metri quadrati totali. È situata non lontana dal cimitero comunale. La prima ordinanza di demolizione del Comune di Rocca di Papa risale all’anno 2000. Così si legge nel provvedimento giudiziario.
Il proprietario ha impugnato al Tar del Lazio tale provvedimento municipale nell’anno 2000. Questo ricorso nel 2014 è stato dichiarato perento, così si usa dire in gergo tecnico, ossia estinto.
Respinta la richiesta di condono
“Il 23 gennaio 2004 (sempre il proprietario dell’immobile, ndr) – cosi si legge nella sentenza – ha presentato domanda di condono per il manufatto in questione (…) la quale è stata rigettata con provvedimento del 28 gennaio 2016”.
“A seguito di sopralluogo del 18 dicembre 2015 – spiegano i giudici – è stata accertata (da parte del comune, ndr) la mancata ottemperanza al predetto ordine di demolizione.
Con il gravato provvedimento, anch’esso datato 28 gennaio 2016, preso atto del verbale di inottemperanza (alla demolizione, ndr), è stata disposta l’acquisizione al patrimonio comunale dell’opera abusiva, dell’area di sedime (ossia l’area su cui insiste l’opera abusiva) e di una ulteriore area di estensione di 1.632 mq”.
L’errore del Comune
“Il Comune – spiegano i giudici – avrebbe dunque potuto acquisire, oltre alle opere abusive e alla relativa area di sedime, un suolo non superiore a dieci volte la superficie utile da esse occupata (vale a dire non superiore agli 800 metri quadrati, ndr).
Posto che anche la nozione di lotto minimo ai fini dell’individuazione della superficie pertinenziale. Per il mantenimento dell’opera abusiva o per la realizzazione di opere analoghe. Non può comunque superare limite massimo del decuplo del sedime delle opere abusive (TAR Lazio, Roma, 29 aprile 2022, n. 5232; 3 ottobre 2022, n. 12481)”.
Il Comune condannato
Il risultato? “Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sezione Seconda Stralcio – definitivamente pronunciando sul ricorso. Così statuisce. Lo accoglie e per l’effetto annulla il gravato provvedimento.
Condanna l’intimata Amministrazione Comunale al pagamento, a favore della ricorrente, delle spese di lite liquidate in complessivi € 2.000,00 (duemila) oltre accessori”.
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