A raccontarlo è stata la figlia sui social.
Aprilia, l’ingegnoso trucco al bancomat
«È andato alla banca a prelevare verso ora di pranzo, è stato avvicinato da due signori che stavano prelevando regolarmente all’altro bancomat, ad un certo punto uno dei due chiede a mio padre se il suo bancomat funziona, e mio padre dice “si, il mio si”».
«Poco dopo – ha aggiunto – si blocca pure quello di mio padre dandogli la schermata iniziale (quella in cui dice inserire bancomat) al che il signore vicino dice a mio padre di digitare il tasto 5 che si sarebbe sbloccato: dopo averlo fatto appare una schermata rossa e il bancomat si riavvia trattenendo la scheda di papà».
I due nel frattempo vanno via, ma non è finita.
«Mio padre pensando che il bancomat avesse mangiato la scheda è uscito, poco dopo ha ricevuto un sms di prelievo dalla sua carta e subito dopo un altro… Ovviamente abbiamo sporto denuncia e lunedì andremo in banca, ma rimane da capire come i tizi abbiano potuto prelevare senza bancomat e senza pin».
Il meccanismo della truffa dunque non è al momento completamente chiarito. Certo un sistema ben architettato – e probabilmente l’uomo era stato tenuto d’occhio – che impone ancora maggiore attenzione quando si effettuano prelievi.
Purtroppo i truffatori sono astuti nel carpire la buona fede delle persone e quanto accaduto all’anziano ad Aprilia potrebbe succedere a chiunque.
L’importante è non avere imbarazzi e denunciare tutto.
Si può chiedere il rimborso alla banca?
Il truffato in realtà può chiedere il rimborso alla banca, ma non è detto che questa acconsenta.
L’articolo 12 co. 3 d.lgs. n. 11/2010 recita:
“salvo se abbia agito […] con dolo o colpa grave, il pagatore può sopportare, per un importo comunque non superiore a euro 50, la perdita relativa a operazioni di pagamento non autorizzate derivanti dall’utilizzo indebito dello strumento di pagamento conseguente al suo furto, smarrimento o appropriazione indebita”.
Dunque il rischio connesso all’utilizzo di strumenti elettronici di pagamento ricadrebbe tutto sulla banca, a parte una franchigia di 50 euro non rimborsabile (ma alcune banche rimborsano anche quella).
Il problema è che il truffato deve dimostrare di non aver agito con dolo o colpa grave.
Cosa significa?
Per fare un esempio un po’ banale, ma che chiarisce, se una persona si scrive su un foglietto il pin e poi lascia carta di credito e foglietto incustoditi in pubblico, questo sarebbe un caso di colpa grave. Ma non sembra essere questo il caso del signore di Aprilia truffato.
Se la banca rifiuta, allora le cose si complicano perché il truffato può:
- rivolgersi ad un organismo di risoluzione extragiudiziale di controversie sorte tra banche e clienti denominato Arbitro Bancario Finanziario (ABF), presentando ricorso entro 12 mesi della presentazione del reclamo
- adire l’autorità giudiziaria competente per valore, vale a dire il Giudice di Pace (per controversie fino a 5.000 euro) o il Tribunale (per le liti di valore superiore).
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