Tagliaboschi, ditta abusiva, per il Comune di Velletri
“Il Comune di Velletri – spiega il tar Lazio – si costituiva in giudizio. Evidenziando la legittimità del provvedimento avversato sotto tutti i profili di censura. Parte ricorrente (ossia la ditt, ndr), con successiva memoria, insisteva per l’accoglimento della tesi proposta. All’udienza del 29 marzo 2024, la causa veniva trattata e, dunque, trattenuta in decisione. Il ricorso è infondato.
Il ricorso al Tar del Lazio della ditta tagliaboschi
Deve essere, innanzi tutto, evidenziato come il ricorrente non contesti il carattere abusivo dei manufatti in cui veniva svolta l’attività. Consistenti nella costruzione di un manufatto in legno, con copertura in legno e sovrastante guaina catramata. Di un piazzale in battuta di cemento stampato.
Di tettoia adibita a rimessa attrezzi e di un silos. Invero confermando la sussistenza dei presupposti per far luogo alla ordinanza impugnata. Come comprovato dal riferire costui di aver presentato unitamente alla consorte, a seguito dell’adozione dell’atto impugnato e in ottemperanza ad essa, “una SCIA per la rimessa in pristino dello stato dei luoghi con prot. del 06.03.2019”, di cui, peraltro, non è dato conoscere l’esito, non avendo le parti al riguardo nulla riferito.
Abusivo l’immobile
Posta, dunque, l’incontestata abusività dell’immobile presso il quale il ricorrente esercita la propria attività, il ricorso deve essere respinto, attesa la legittimità, sotto i profili contestati, dell’atto avversato per l’appunto legittimamente emesso in ragione dell’indiscussa natura abusiva dei relativi locali.
Deve essere disatteso il motivo con cui si lamenta l’omessa notifica della presupposta ordinanza di ingiunzione. Avendo il Comune resistente documentato come tale atto sia stato ritualmente portato a conoscenza del ricorrente (in tal senso la relata di notifica in calce alla copia dell’atto depositato in giudizio il 10 settembre 2019).
L’ordine di demolizione
A ciò si aggiunga come l’omessa notifica di tale ordine di demolizione – anche laddove avvenuta – non sarebbe certamente valsa ad inficiare la validità del provvedimento di cessazione dell’attività. Per l’appunto fondato non sulla inosservanza del provvedimento sanzionatorio bensì sull’incontestata abusività dei manufatti e sulla sottoposizione degli stessi a sequestro preventivo ex art. 321 comma 3 bis c.p.p..
Lo stesso è a dirsi per il preteso difetto di motivazione, risultando il provvedimento assistito da un adeguato corredo motivazionale, idoneo a dar conto dei presupposti di fatto e di diritto posti a fondamento dell’avversato ordine di cessazione.
Ugualmente infondata appare, poi, l’ulteriore censura, volta ad evidenziare l’asserito dissequestro degli immobili, risultando lo stesso concesso ai soli fini di rimuovere il legname e di eseguire le opere di ripristino, facendo salve tutte le iniziative delle autorità amministrative coinvolte a cui compete il controllo e la tutela del territorio. In conclusione, per quanto sin qui detto, il ricorso deve, quindi, essere respinto”.
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