Il Comune di Nettuno non cede nella lotta alle mafie e, dopo il ricorso presentato dai cosiddetti Casalesi pontini contro le condanne loro inflitte in primo grado, la giunta Chiavetta ha dato mandato a un legale per andare a sostenere le ragioni dell’ente anche davanti alla Corte d’Appello di Roma. Nel processo, denominato “Sfinge”, in cui l’Antimafia capitolina prima e il Tribunale di Latina dopo hanno ritenuto che fosse stata costituita un’associazione per delinquere di stampo mafioso, legata al clan camorristico di Casal di Principe, fazione Schiavone, ma con una sua indipendenza, che operava tra il litorale romano e il nord pontino e che mandava in Campania parte dei proventi delle estorsioni, mantenendo contatti con il vertice dei Casalesi, l’unico ente pubblico a costituirsi parte civile, per ottenere i danni arrecati al territorio della gang è stato e continua a essere così quello del Tridente.
Solo a combattere i clan l’unico Comune del Lazio che, con una passata giunta, è stato sciolto per infiltrazioni mafiose. Chiavetta alle parole contro le mafie ha fatto seguire i fatti. Nel processo “Sfinge” i giudici hanno ritenuto fondata l’ipotesi di un’associazione criminale capeggiata da Maria Rosaria Schiavone, nipote del boss «Sandokan» e figlia del pentito Carmine, soprannominata dagli investigatori “la sfinge”, e dal marito della donna, Pasquale Noviello, entrambi condannati in primo grado a 18 anni di reclusione.
I «soldati» del clan mafioso sarebbero invece stati Agostino Ravese e Francesco Gara, condannati rispettivamente a 9 e 8 anni, mentre a dare appoggio esterno all’associazione sarebbero stati Mario Noviello, padre di Pasquale, condannato a 5 anni, e Dario Flamini, condannato a 7 anni e mezzo. Condanna, infine, a 4 anni e mezzo per una delle presunte vittime, il ristoratore Francesco Cascone, di Cisterna, nel 2008 sfuggito a un agguato a colpi di kalashnikov sull’Appia, presunto autore di un tentato omicidio. Il Tribunale di Latina ha riconosciuto al Comune di Nettuno i danni.
«Quanto alla sussistenza del danno – si legge nelle motivazioni della sentenza – deve evidenziarsi il pregiudizio subìto dall’ente locale, che ha visto compromessa la sua immagine di località turistica a causa dell’operare del sodalizio criminale, stabilmente radicatosi all’interno del suo territorio». Ora, dopo che i sette condannati hanno fatto ricorso, l’ente pubblico è tornato a costituirsi parte civile sempre tramite l’avvocato Ciro Palumbo. Il processo si celebrerà a Roma nell’aula bunker e l’udienza è fissata per il 27 novembre.