Gallace sconfigge il Ministero dell’interno e si fa rimettere al volante dal Consiglio di Stato. Antonio Gallace, appartenente alla famiglia originaria di Guardavalle, in provincia di Catanzaro, da tempo stabilitasi tra Anzio e Nettuno e al centro di diverse inchieste dell’antimafia sugli affari della ‘Ndrangheta tra la Calabria, il litorale romano e la Lombardia, è riuscito a ottenere dai giudici la sospensione del provvedimento della Prefettura di Roma di revoca della patente di guida. L’appellante era stato lasciato a piedi come conseguenza dell’applicazione della misura della sorveglianza speciale.
A maggio 2006 per Antonio Gallace era infatti scattato il provvedimento di pubblica sicurezza, sospeso nel settembre dell’anno successivo in concomitanza con un ordine di carcerazione e ripreso il 25 maggio 2011 quando, dopo un proscioglimento, Gallace era stato rimesso in libertà. Una misura che limita notevolmente la libertà, imponendo ai sorvegliati speciali di non accompagnarsi con pregiudicati, non uscire da casa prima di una certa ora, rientrare tra le pareti domestiche entro determinati orari, lavorare e diverse altre prescrizioni. La revoca anche della patente, un particolare che limita fortemente l’indipendenza di un individuo, a Gallace sembra però non essere proprio andata giù e contro tale provvedimento ha fatto ricorso.
Non ottenendo ragione dal Tar, Antonio Gallace ha fatto appello al Consiglio di Stato, specificando che la patente non può essere tolta se sono trascorsi più di tre anni dall’applicazione della misura di prevenzione e che, tra una sospensione e l’altra, questo era il suo caso. Una contestazione accolta dai giudici di Palazzo Spada, che hanno sospeso il provvedimento impugnato, sollecitando al contempo il Tar del Lazio a fissare quanto prima l’udienza in cui esaminare la vicenda nel merito.