L’amministrazione comunale dovrebbe, secondo cittadini e operatori del settore della pesca, tornare ad occuparsi del porto, per risolverne i problemi e per utilizzarne meglio le potenzialità. Il porto di Anzio negli ultimi tempi, oltre al costante problema dell’insabbiamento, vive nuove difficoltà. Una di queste è l’incremento del 30% del numero delle imbarcazioni per la piccola pesca, che sta rendendo carenti gli spazi all’interno del piccolo bacino che le ospita. Questo incremento è paradossalmente legato al prolungato periodo di crisi economica che il nostro Paese sta vivendo. Alcuni paranzellari, soprattutto a causa del forte rincaro del carburante e del deprezzamento del pesce, non riuscendo più a far fronte alle spese, hanno fermato il proprio peschereccio preferendo un’imbarcazione più piccola.
Chi lavora da decenni nella piccola pesca fa notare come, a causa della crisi, alcuni muratori e commercianti siano stati costretti a reinventarsi pescatori. Un’altra difficoltà è quella della gestione dei rifiuti. Sappiamo quanta immondizia viene incivilmente gettata nel mare, soprattutto materiali plastici che spesso finiscono, anche in grandi quantità, nelle reti da pesca. Al porto di Anzio, nel bacino della piccola pesca, se un pescatore con una buona consapevolezza ambientale e un sincero rispetto per il mare decide di portare a terra questa immondizia, invece di rigettarla in mare, non trova sulla banchina nessun contenitore per i rifiuti. Questi problemi vanno affrontati con costanza e lungimiranza. Non si può intervenire sull’insabbiamento soltanto nell’emergenza, dragando il bacino portuale quando la situazione diventa prolungata e perciò insostenibile. È urgente semplificare la vita a chi può contribuire ad avere un mare meno inquinato e occorre intervenire, anche ripensando gli spazi, perché tutto il settore ittico, fiore all’occhiello di Anzio, operi in condizioni migliori, in un’ottica di ripresa e di sviluppo, puntando anche concretamente sulla tutela ambientale della risorsa mare.