“Ho chiarito la mia posizione e ora mi sento molto più sereno”, ha dichiarato l’autista dell’Atac ai cronisti, appena uscito dalla Procura della Repubblica di Latina. Dopo aver fatto sostanzialmente scena muta davanti ai carabinieri, l’apriliano ha risposto appunto a tutte le domande del sostituto procuratore Giuseppe Miliano.
Nella notte tra sabato e domenica scorsa, nella periferia di Aprilia è scattata una caccia al ladro. Dopo aver notato un’auto sospetta nei pressi del proprio condominio di via De Filippo, una traversa di via Guardapasso, una Renault Megane con targa romena, i residenti hanno dato l’allarme ai carabinieri. R., insieme al coindagato Giovanni T., 43 anni, guardia giurata dell’ospedale Spallanzani, e a un terzo uomo, un militare, si è messo all’inseguimento della Megane, che è uscita fuori strada sulla Nettunense, nei pressi della stazione di Campo di Carne. Come emerso dalle immagini catturate dalla telecamera di sorveglianza di un bar e da alcune testimonianze, a quel punto gli inseguitori si sono fermati e, mentre R. andava a parcheggiare, sono scesi T. e il militare. Poi li ha raggiunti anche Riccio. Due uomini di nazionalità italiana, di Torvaianica, che erano sulla Megane con Hady sono fuggiti, mentre il marocchino, secondo gli investigatori, sarebbe stato colpito da T. e, caduto a terra, è morto. Nel corso dell’autopsia i medici legali hanno notato sul corpo della vittima, già nota alle forze dell’ordine, dei segni compatibili con un’aggressione, ma gli inquirenti non si sbilanciano ancora sulle cause esatte della morte. Indagati, per omicidio preterintenzionale, sono però finiti solo T. e R.
T., che inizialmente si era allontanato e si è presentato presso la caserma dei carabinieri il giorno dopo, avrebbe ammesso che, temendo di restare vittima di furti, insieme ad altri residenti nel condominio la sera cercavano da qualche tempo di stare allerta e che, notata la Megane su cui poi i carabinieri hanno trovato attrezzi da scasso, si erano messi all’inseguimento, restando in contatto con i carabinieri, per prendere il numero di targa dell’auto. Sempre la guardia giurata avrebbe poi detto di aver solo cercato di bloccare la mano della vittima, che uscita dall’auto cercava di prendere qualcosa in un borsello.
R. invece, assistito dagli avvocati Federico Savo e Andrea Indovino, a cui poi ha affiancato il penalista Angelo Palmieri, con alle spalle un’esperienza in oltre trecento casi di omicidio, ha negato qualsiasi contatto con Hady. “Quando ci siamo avvicinati alla Megane l’auto è ripartita a gran velocità, cercando di investirci – ha dichiarato – e a quel punto l’abbiamo inseguita per prendere il numero di targa”. Dopo che la Renault è uscita fuori strada, l’autista dell’Atac ha quindi precisato di aver parcheggiato e di essersi avvicinato, trovando la vittima già a terra. “Non ho visto nulla, nessun colpo – ha aggiunto – anche perché stavo osservando un altro occupante della Megane che, scavalcando una recinzione, fuggiva. Poi sono subito arrivati i carabinieri e un’ambulanza del 118. Non ho neppure toccato la vittima”. Ripensando a quella notte il 46enne non sembra però avere dubbi: “Se potessi tornare indietro non farei più alcun inseguimento”. “Poteva avvalersi della facoltà di non rispondere e invece ha risposto a tutte le domande, ripercorrendo le diverse fasi di quella notte”, ha evidenziato l’avvocato Palmieri. “Nessuna ronda”, ha poi aggiunto il legale. La posizione dei due indagati è delicata e le indagini proseguono.