Confermata la condanna dei due imputati per l’omicidio del 48enne apriliano Luca Palli, per un totale di sessanta anni di reclusione. A respingere i ricorsi delle difese e ad avallare la sentenza emessa nel febbraio scorso dal giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Latina, Giuseppe Cario, è stata la Corte d’Assise d’Appello di Roma. Trenta anni a testa per Massimiliano Sparacio, 46 anni, di Aprilia, e Vittorio De Luca, 32 anni, di Anzio. Palli, noto alle forze dell’ordine e dipendente della Multiservizi apriliana, venne ucciso il 31 ottobre 2017 in via Mazzini, ad Aprilia. Venne invitato ad uscire da un vicino bar, dove stava prendendo un aperitivo, e freddato con quattro colpi di pistola calibro 38. Indagando, nel giro di un mese, grazie anche all’analisi delle immagini di sorveglianza della zona, i carabinieri arrestarono De Luca e Sparacio. Secondo gli inquirenti sarebbe stato De Luca ad attirare Palli in trappola. Gli investigatori ritengono che vi fossero degli screzi tra la vittima e gli arrestati. Palli, due anni prima, era stato denunciato da Sparacio per screzi personali. Quest’ultimo aveva poi iniziato a lavorare in un altro bar ad Anzio, dove aveva conosciuto De Luca. I due avrebbero infine pianificato l’omicidio. Con l’accusa di omicidio volontario premeditato De Luca, difeso dall’avvocato Angelo Palmieri, e Sparacio, difeso dall’avvocato Renato Archidiacono, sono quindi finiti imputati e in primo grado hanno scelto di essere giudicati con rito abbreviato. Il pm Sgarella aveva chiesto 24 anni di reclusione per il primo e 27 per il secondo, ma il giudice è andato oltre. E la sentenza è stata ora confermata in appello. Confermati inoltre i risarcimenti per le parti civili, rappresentate dagli avvocati Zocconali e Claudio Maria Cardarello, che dovranno essere fissati in separata sede.
In Via Ugo La Malfa
Aprilia, auto cappottata, strada chiusa al traffico
Nel quartiere Toscanini
Sparatoria ad Aprilia, un ferito. Caccia all'uomo
Informazione pubblicitaria
Ti disturbano sui Social e Web ? Non lo sanno, ma puoi inchiodarli con la “Prova digitale a valore legale”
Mail, chat, immagini, qualsiasi contenuto può diventare prova davanti al giudice