PROSSIMA UDIENZA A GIUGNO
Il giudice si è riservato per decidere se accogliere o meno la proposta di consulenza tecnica, nonché l’eventualità di integrazione del contraddittorio tra le parti, col coinvolgimento del ministero dell’Ambiente e dell’Autorità di bacino distrettuale, come richiesto da Acea e dalla Regione. La prossima udienza è stata fissata per giugno, Coronavirus permettendo. Ma anche lo stesso comune di Rieti spera nello stop all’approvvigionamento di acqua per il Cupolone. E il caso ora è sempre al vaglio del Tribunale per le acque. Lo stesso ufficio giudiziario ha accolto nell’estate 2017 il blocco delle captazioni dal lago di Bracciano, ormai a rischio prosciugamento.
ROMA RISOLVA IL PROBLEMA DELLA RETE IDRICA COLABRODO
Nel dire “no” forte e chiaro al rifornimento idrico di acqua potabile il Comune di Casaprota e l’associazione reatina Postribù hanno indicato a Regione Lazio e comune di Roma una strada alternativa: invece di succhiare l’acqua fuori dal Gra Roma risolvano piuttosto il problema delle perdite. I ricorsi, firmati dagli avvocati Alessandro Iannelli e Claudio Giangiacomo, puntano a dimostrare la violazione del principio di solidarietà, in quanto le esigenze idriche dei Comuni dell’Ato3 e quindi del reatino verrebbero subordinate a quelle della Capitale e degli altri Comuni romani dell’Ato2, nonostante ci sia acqua sufficiente per tutti se solo si riducessero le perdite.
A RISCHIO LA CASCATA DELLE MARMORE
Secondo i ricorrenti l’atto impugnato andrebbe inoltre ad aggravare il danno ambientale per il fiume Farfa e, con l’aumento di portata derivata attraverso il raddoppio dell’acquedotto, metterebbe a rischio persino il fiume Velino che forma le cascate delle Marmore prima di immettersi nel Nera e quindi nel Tevere. In sostanza, il prelievo indiscriminato di acqua dalla provincia di Rieti provocherebbe gravi e irreversibili danni ambientali. Sono state rilevate poi numerose violazioni della normativa ambientale e sugli affidamenti di concessioni. Su tutte, appunto, il “rinnovo” della concessione mai esistita e dell’altra scaduta da 23 anni. ”A questo si aggiunge”, ha spiegato l’avvocato Iannilli, ”la totale mancanza di pianificazione, delle valutazioni di impatto ambientale, la contraddittorietà tra procedimento di ammissione odell’istanza e atto di rinnovo, traslato dal Comune di Roma ad Acea Ato2 spa, una multiutility quotata in borsa”. Le ‘nuove’ concessioni idriche varate a giugno 2019 hanno rappresentato un vanto per il duo Virginia Raggi (M5S) e Nicola Zingaretti (Pd). Il Presidente della Regione si è anche esposto sull’argomento e mentre molti Comuni del reatino si trovano a comprare l’acqua del loro stesso territorio da Acea, ha dichiarato che la convenzione ha aperto un ”processo veramente storico, perché l’investimento di 400 milioni non solo darà sicurezza per il rifornimento dell’acqua a Roma, ma con un intervento di modernizzazione renderà l’acqua più sicura con meno sprechi”.
IPOTESI DISASTRO AMBIENTALE
”La mancanza ultra ventennale di un valido titolo autorizzativo a derivare acqua dai sistemi sorgentizi Peschiera e Le Capore”, si legge sul ricorso al vaglio del giudice ”appare già di per sé sufficiente a configurare l’ipotesi di disastro ambientale, date le enormi alterazioni degli ecosistemi che ne conseguono: oltre 400 milioni di metri cubi di acqua all’anno (circa 14 mc/s) sottratti al naturale deflusso dei corsi d’acqua Peschiera-Velino e Farfa per usi potabili dei quali, però, circa 200 milioni all’anno vanno dispersi per inefficienze dei sistemi di adduzione e della rete acquedottistica su cui si è deciso di non intervenire adeguatamente disattendendo le direttive comunitarie”. In caso di accogliemento del ricorso da parte del tribunale, Roma Capitale rischierebbe, quindi, di restare con l’acqua potabile al contagocce.
QUASI PRONTO IL POTABILIZZATORE DEL TEVERE
Acea Ato2 ha, infatti, appena perso definitivamente la sua battaglia per sfruttare le acque del lago di Bracciano. Il Tribunale Superiore delle Acque ha respinto il ricorso che l’utility romana, appoggiata dal sindaco M5S, Virginia Raggi, aveva presentato contro la determinazione della Regione Lazio che, di fatto, aveva bloccato le captazioni. Senza alternative resterebbero le acque non proprio cristalline del Tevere. L’Acea ha pronto all’uso un ‘potalizzatore’, un impianto industriale costruito tra l’estate e l’autunno del 2018 situato a Grotarossa, su un’ansa del fiume. Il ‘potabilizzatore’ non è stato però ancora mai avviato. Prima di accenderlo la Regione dovrà difatti varare una cosiddetta ‘area di influenza’, vale a dire una zona in cui è possibile succhiare acqua del Tevere, in cui finiscono anche reflui industriali, per tentare di potabilizzarla ad uso potabile, cosa che nella nostra regione è illegale.
GLI SPRECHI RESTANO
Nel luglio del 2018, l’Acea ha annunciato che dall’agosto precedente, in piena emergenza siccità, aveva ridotto le perdite nelle condutture dell’acquedotto di Roma per una portata pari a 2.300 litri al secondo, attraverso una attività di ricerca e riparazione delle falle. L’equivalente di 80 piscine olimpioniche al giorno. Poi niente più.
Marta Volo