Il legame col chiosco bruciato sul lungomare di Latina
Le indagini sono state condotte dai poliziotti della Squadra Mobile con il coordinamento della DDA, Direzione Distrettuale Antimafia, della Procura della Repubblica di Roma.
Le investigazioni hanno consentito di acquisire gravi indizi di colpevolezza in ordine alla commissione di una serie di atti intimidatori realizzati tra il 2016 ed il 2020. Questi venivano veicolati anche tramite i social network.
Atti intimidatori che hanno inciso negativamente sull’aggiudicazione del chiosco numero 1, l’ex Topo Beach del lungomare di Latina. Ma ad avere pressioni indebite sulla libera attività sono stati anche i gestori degli altri esercizi pubblici di ristorazione di quella zona.
“IL TOPO BEACH NN SE TOCCA… Era di mio nonno e di mio padre e sarà mio e di mio fratello… IL MIO FUTURO LA MIA TRANQUILLITÀ È DATA DA TUTTO QUESTO.. SCOMBINATE STA CATENA E VI CREERÒ L INFERNO“, si leggeva nel 2016 su Facebook.
Spaccio e violenze a Latina
Inoltre, sono stati raccolti gravi indizi in merito all’attività di spaccio di stupefacenti gestita da uno degli indagati, consentendo di ricostruire l’utilizzo di metodi intimidatori impiegati per la riscossione dei crediti insoluti.
Infine, sono stati acquisiti gravi indizi in merito ad alcuni episodi di spaccio di stupefacenti e di recupero con metodi violenti dei relativi crediti da parte di altri tre degli odierni indagati, nonché in merito alla intestazione fittizia in capo ad un altro indagato di una società gestita di fatto da un altro soggetto.
Le misure cautelari
Le misure in corso di esecuzione vanno dalla custodia in carcere per due dei soggetti dediti allo spaccio di stupefacenti, sino agli arresti domiciliari disposti per tre indagati per i reati di turbata libertà degli incanti e di estorsione aggravati dal metodo mafioso ed all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria riguardo ad altri tre indagati.
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