Antenne dei cellulari, il Tar boccia il Piano di Pomezia
Vale a dire il Piano che contiene l’insieme delle regole (contenute in un apposito documento denominato per l’appunto Piano) che disciplinano l’installazione di nuove antenne e/o tralicci. Antenne e/o tralicci destinati ad ospitare nuove antenne di telefonia mobile.
È (quasi) tutto da rifare
Difatti i giudici amministrativi hanno accolto, quasi per intero, le motivazioni sostenute dalla società internazionale Wind Tre spa. La Wind aveva presentato un ricorso giudiziario contro il Piano Antenne adottato dal Consiglio comunale pometino con deliberazione n. 46 del 1 aprile 2019. Così si legge nero su bianco nella sentenza (per leggerla per intero, clicca qui).
Il ruolo dell’ex sindaco e Giunta Zuccalà
Il Consiglio comunale era guidato in quel momento storico – vale a dire dal 2018 al 2022 – dall’ex primo cittadino pentastellato, attuale capogruppo M5S in Regione Lazio, Adriano Zuccalà.
Dovrà rimetterci le mani la Giunta Felici
Il Piano dovrà essere ora completamente riscritto dalla maggioranza di centro-destra alla guida di Pomezia da giugno 2023. La palla è sui piedi del sindaco Veronica Felici e della Giunta che guida. Sarà necessario, certo, tenere bene in conto i rilievi fatti dai magistrati del Tar con l’attuale sentenza. È quindi necessario, prima di tutto, stabilire quali sono i siti sensibili della città.
Questo è, per i giudici del Tar Lazio, il primo punto da cui partire. E attorno a cui far girare l’intero e nuovo Piano Antenne. Su cui ruota, prima di tutto, la tutela della salute umana. Tutto il resto verrà di conseguenza.
Primo motivo del Tar Lazio
Ma passiamo all’analisi dei motivi che hanno spinto la Wind a presentare ricorso contro il Piano antenne pometino. “Passando all’esame del merito del ricorso – scrivono gli stessi giudici amministrativi nella loro sentenza (di primo grado) – si controverte sulla legittimità del “Regolamento per la localizzazione, l’installazione e il monitoraggio degli impianti di teleradiocomunicazioni”.
Regolamento adottato dal Comune di Pomezia. E del conseguente atto applicativo con cui ha informato i gestori dell’approvazione del nuovo regolamento. Contestualmente invitandoli a presentare il Programma di Rete, di cui all’art. 13 del Regolamento stesso, entro il termine del 30 settembre 2019.
Il regolamento gravato è stato adottato ai sensi della Legge n. 36/2001. Che, nel delineare il riparto delle competenze in materia tra Stato, Regioni, Province e Comuni, (Legge Quadro sull’elettromagnetismo), all’ art. 8, comma 6. Stabiliva nel testo vigente ratione temporis che “I Comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”.
Il programa di rete
Orbene con il primo motivo di ricorso Wind denuncia l’illegittimità dell’art. 13 del Regolamento. Il quale prevede la presentazione del Programma di Rete da parte dei gestori di telefonia mobile. Senza la previa individuazione dei siti sensibili. Che rischia di dare luogo ad onere procedurale. Non contemplato dal D.lgs. 259/03, e di generare rallentamenti nella definizione delle singole istanze autorizzatorie. Quindi nell’implementazione ed adeguamento tecnologico della rete esistente. La censura è suscettibile di favorevole apprezzamento”.
“È evidente che la mancata individuazione dei siti sensibili preclude ai gestori di predisporre in maniera adeguata il richiesto Programma di rete. Specie ove si tratta di indicare le aree di interesse dove localizzare eventuali nuovi impianti, senza incorrere nel rischio di non essere ammessi alla realizzazione dell’intervento ovvero alla fruizione beneficio di cui all’art. 11 del regolamento. Con abbreviazione del termine legale di formazione del silenzio assenso. In ipotesi anche in conseguenza di una valutazione circa la sensibilità dell’area o la natura di “zona di attrazione”. Condotta ex post dall’autorità amministrativa comunale”.
Secondo motivo
“Le considerazioni che precedono – scrivono sempre i giudici – gettano le basi per lo scrutinio anche del secondo motivo di ricorso, con cui si censura l’art. 10, comma 1, del Regolamento. Deducendo che non si può imporre sic et simpliciter il rispetto di una distanza minima (nel caso di specie di 100 m.) dai siti sensibili per l’installazione degli impianti – in aggiunta al necessario rispetto dei limiti di esposizioni stabiliti a livello nazionale – in quanto ciò sancirebbe una compromissione eccessiva del diritto fondamentale all’informazione, non consentita dal diritto comunitario (..) La censura merita favorevole apprezzamento alla luce degli arresti giurisprudenziali sopra richiamati”.
Terzo motivo
“Con il terzo motivo di ricorso la difesa attorea deduce la violazione del principio di neutralità tecnologica in ragione del combinato disposto degli artt. 8 e 10 dell’avversato Regolamento (…) La doglianza non si appalesa condivisibile”.
Quarto motivo
“Con il quarto motivo di ricorso – scrivono ancora i magistrati – la società ricorrente censura l’art. 11 del Regolamento, in quanto asseritamente non conforme alla previsione di cui all’art. 35, comma 4, del D.L. n. 98 del 2011 che per determinate tipologie di interventi consente la relativa realizzazione ed attivazione mediante una mera comunicazione.
Avverso detta previsione la parte rileva altresì che estenderebbe il regime del silenzio-assenso (più gravoso di quello della mera comunicazione di attivazione) anche agli impianti con potenza inferiore a 10 watt e che limiterebbe solo ad alcune tipologie di interventi l’iter semplificato ivi disciplinato (…) Il rilievo è destituito di fondamento. Il quarto motivo deve essere pertanto respinto”.
La sentenza
“Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quinta Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto – definiscono i giudici del Tar Lazio – lo accoglie in parte nei termini di cui in motivazione”.
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