L’annuncio è stato dato domenica in occasione della presentazione del Circolo pontino trentino intitolato a Paolo Perotto, scomparso pochi mesi fa e promotore del gemellaggio.
A fare gli onori di casa il figlio Stefano Perotto, che ha presentato i componenti del direttivo: Fabio Enderle, Gianni Martinelli, Giuseppe Giovannini, Andrea Perotto, Franco Zanotti, Luciano Menegoni, Basilio Perotto, Antonio Enderle, Antonio De Gasperi, Massimo Bortolameotti, Doro Di Bernardo, Luciano Menegoni, Angelo Zanlucchi, Sandra Spagnoli e Francesco Menegoni.
Erano tantissimi al pranzo organizzato al “Boschetto”, tra Aprilia e Ardea. Tra questi erano presenti anche i sindaci di Ardea Maurizio Cremonini, di Aprilia Lanfranco Principi e di Pomezia Veronica Felici.
Tra gli ospiti, anche le docenti universitarie Ester Capuzzo e Flavia Cristaldi, autrici di una ricerca sulla immigrazione della comunità trentina. Presenti anche Johnny Passa e gli ex sindaci Antonio Terra e Luca Di Fiori.
È stata l’occasione per tante persone di incontrare nuovamente parenti e amici di famiglia che non si vedevano da anni, a volte anche da decenni. Una comunità trentina che si è ingrandita e, come sempre accade, persa un po’ di vista.
Obiettivo del circolo pontino trentino sarà proprio quello di cercare di ravvivare questi rapporti tra i membri della comunità e la terra di origine.
Storia di una migrazione
Quella dei trentini apriliani è una storia nella storia, affascinante, quasi “manzoniana”. Chiamate a colonizzare la Bosnia Erzegovina dall’Impero Austro-Ungarico negli ultimi decenni del 1800, le famiglie di Aldeno furono travolte dalla Grande Guerra, che soffiando sul fuoco del nazionalismo, spazzò via gli imperi sovranazionali. Fu così che quelle famiglie si ritrovarono straniere in una terra che credevano fosse divenuta la propria casa.
Da Mahovljani ripresero in mano la valigia perché chiamati a colonizzare un’altra terra. Questa volta però non più fuori dai confini patri, ma in Italia, nella pianura pontina, in quelle campagne tra Roma e Latina lambite dalla palude e dalla malaria. L’opera dei trentini, così come quella dei tanti gruppi regionali giunti ad Aprilia tra la fine degli anni ’30 e l’inizio del decennio successivo, si dimostrò titanica.
Non solo per il sapiente sforzo profuso nel rendere coltivabili terre non proprio ospitali. Ma anche per la capacità di integrazione, di dialogo e di costruzione del bene comune, ampiamente dimostrata nel secolo scorso e ancora oggi.
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