Lo scopo della legge sui dialetti approvata dalla Regione Lazio
Con questa legge si vogliono istituzionalizzare azioni di di salvaguardia del patrimonio culturale costituito dai dialetti esistenti nella regione Lazio. A questo scopo sono stati destinati circa 600 mila euro nel triennio che va da quest’anno fino al 2026.
L’obiettivo è quello di dare impulso agli studi linguistici per arrivare alla redazione di una mappa e di un registro completo dei dialetti regionali. Ciò permetterebbe di catalogarne le diverse varianti esistenti.
Tra le iniziative previste per favorire la conoscenza e la valorizzazione dei dialetti del Lazio, c’è anche l’organizzazione di un festival dei dialetti.
Per diffondere l’interesse verso i dialetti nei giovani e trasmettere loro l’importanza di mantenerli vivi, si prevede di stipulare convenzioni con le scuole, ha fatto sapere in un comunicato Marika Rotondi, firmataria della legge e consigliere regionale di Fdi.
Le voci contrarie: più soldi alla scuola
Contro l’approvazione di questa legge sui dialetti si è dichiarato il Capogruppo di Azione in Regione Lazio, Alessio D’Amato. D’Amato ha dichiarato in una nota stampa che servono risorse per la scuola, non leggi inutili.
“Il Consiglio regionale approva un’altra legge inutile. Invece di investire sulla scuola, sul diritto allo studio e sul superamento del divario digitale e linguistico, si è ritenuto opportuno approvare una legge sui dialetti, che servirà soltanto a generare un articolo di giornale”. Queste le parole critiche di D’Amato, per il quale si è persa una grande opportunità con 600 mila euro che potevano andare al diritto allo studio. “Anziché parlare del ‘crogiolo delle antiche civiltà italica’ come recita l’articolo 1 della legge appena approvata, si poteva discutere seriamente del divario culturale e linguistico dei nostri ragazzi rispetto ad altri Paesi europei”, ha dichiarato.
I dialetti del Lazio
L’Italia è uno dei paesi con più dialetti. Si può dire che ogni comune ne abbia uno. E il Lazio non fa eccezione.
I dialetti del Lazio fanno capo a tre gruppi dialettali italiani fondamentali: dialetti italiani mediani, dialetti italiani meridionali e dialetti veneti.
- Dialetti italiani mediani: a questo gruppo appartengono il romanesco, il dialetto sabino, il dialetto laziale centro-settentrionale, i dialetti della Tuscia viterbese.
- Dialetti italiani meridionali: a questo gruppo appartiene il dialetto laziale meridionale. Riguarda sostanzialmente la parte delle Province di Frosinone e Latina che era compresa nell’antico Regno di Napoli.
- Dialetti veneti: a questo gruppo appartiene il dialetto venetopontino, diffusosi a seguito della bonifica delle paludi dell’agro pontino ad opera di coloni veneti. Oggi è in regressione a favore del romanesco, tanto che si parla di “romanesco pontino”.
Il romanesco
Il romanesco è diffuso ovviamente a Roma, ma anche in alcune zone meridionali della provincia di Viterbo e nella zona costiera della città metropolitana, tra Civitavecchia e Anzio. In misura minore a Nettuno, il cui dialetto mantiene relitti fonetici e lessicali di tipo riconducibile ai dialetti dei Castelli Romani.
Nella provincia di Latina le località sorte a seguito della bonifica, come Latina stessa o Aprilia, vennero abitate soprattutto da persone originarie della capitale e zone limitrofe, per cui si è affermato un dialetto di tipo riconducibile al romanesco, il cosiddetto “romanesco pontino“.
Il dialetto romanesco presenta caratteristiche peculiari rispetto ai dialetti mediani veri e propri, tanto da poter costituire un gruppo dialettale a parte. Il romanesco infatti risente di un forte influsso del dialetto toscano. La causa è storica.
Dopo il sacco di Roma del 1527 ad opera dei Lanzichenecchi la città, decimata nel numero degli abitanti, venne ripopolata da persone originarie prevalentemente del Granducato di Toscana. Da quella zona tra l’altro era originaria la maggior parte dei pontefici. Questo ha portato ad una progressiva “smeridionalizzazione” del dialetto. Se prima era simile a quello delle parlate dei Castelli Romani, poi si trasformò a mano a mano nell’attuale romanesco. Nel corso della sua evoluzione il romanesco si è avvicinato molto più che in passato all’italiano standard.
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