Lo scorso aprile Fabietti ha preso parte alla Marathon des Sables, maratona che si tiene nel deserto marocchino. È una delle maratone più difficili del mondo (250 km) per condizioni meteorologiche, impervietà del terreno, scarsità di risorse. Sono stati solo quattordici i partecipanti italiani alla corsa.
Noi del Caffè lo abbiamo incontrato per fargli qualche domanda sull’esperienza: una di quelle che riempiono la vita di senso.
La partecipazione alla Marathon des Sables: un sogno lungo vent’anni
Dove si è svolta la maratona? Da quando a quando? Quanti chilometri in quante tappe?
“La Marathon des Sables si è svolta nel Sahara marocchino dal 14 al 20 aprile 2024, una gara di 252 km in 6 tappe su 7 giorni. La tappa più lunga è stata di 85 km”.
Perché hai deciso di partecipare?
“Era un sogno che coltivavo da diversi anni, avevo visto una ventina di anni fa qualcuno di Latina che aveva partecipato e mi sono detto che anch’io avrei voluto fare un’esperienza simile, mi incuriosiva affrontare un ambiente così particolare”.
La preparazione sulle dune di Sabaudia
Come ti sei preparato fisicamente e materialmente alla partenza?
“Dopo la Maratona di Berlino a settembre mi sono confrontato col mio coach e gli ho prospettato la volontà di affrontare questa gara così particolare. Abbiamo quindi cominciato a studiare le condizioni per la partecipazione e ci siamo resi conto che non si sarebbe trattato solo di allenamento fisico, ma tutto si sarebbe dovuto studiare nei minimi dettagli. In competizioni così estreme, il rischio che qualcosa non vada per il verso giusto è alto.
La gara si svolge in autosufficienza alimentare (a meno dell’acqua, che comunque è razionata). Si corre con lo zaino sulle spalle nel quale bisogna mettere tutto ciò che occorrerà per l’intera settimana: cibo per colazioni, pranzi e cene (generalmente prodotti liofilizzati, frutta secca e disidratata; ho portato anche parmigiano reggiano e prosciutto crudo sottovuoto!), integratori per la gara, vestiti di ricambio, coperta termica, coltello, bussola, torcia frontale per la sera/notte, sacco a pelo, ecc.).
Per l’allenamento ho cercato di simulare il più possibile le condizioni che avrei trovato nel deserto e per fortuna, abitando a Latina, ho avuto la possibilità di fare delle sessioni sulle dune di Rio Martino e Sabaudia e sulle colline di Norma, Cori, Roccamassima, Bassiano e Sermoneta, sulla Semprevisa, nel Parco del Circeo, sul monte Circeo: è stata l’occasione per scoprire sentieri che non avevo mai percorso e debbo dire che abbiamo nelle vicinanze dei bellissimi posti che andrebbero scoperti!
Alcune sedute di allenamento le ho svolte con lo zaino sulle spalle con almeno 6-7 kg: non pensavo di arrivare a far pesare il mio zaino, prima della partenza, circa 11,5 kg oltre a 1,5 litri di acqua; ovviamente nei giorni successivi lo zaino si è alleggerito e il carico dello zaino è stato più sopportabile!”
Partecipanti da 60 paesi del mondo, più di un quarto le donne
Che rapporto si è creato con gli altri partecipanti? E con la gente del posto?
“In totale eravamo alla partenza circa 840 partecipanti provenienti da circa 60 paesi di tutto il mondo. Le donne erano intorno al 27%.
La sistemazione al bivacco era con tende berbere da otto persone. Io mi sono ritrovato con cinque italiani, una ragazza cipriota e un ragazzo lettone. Si è creato da subito un bellissimo clima di solidarietà e complicità.
Essendo in mezzo al deserto, non abbiamo avuto contatti con le popolazioni locali, che abbiamo incontrato soltanto in alcune sporadiche situazioni. Si trattava di solito di ragazzi che si avvicinavano incuriositi da tanto movimento”.
La giornata tipo: oltre la gara, sedute di yoga e “emotion boxes” per registrare video per i familiari
Come era organizzata una giornata tipo nel deserto?
“La partenza delle tappe era compresa tra le 6 e le 7,30 del mattino, a seconda della tappa. La sveglia suonava circa 2 ore prima della partenza per consentirci di fare colazione, preparare lo zaino e avere un momento di confronto prima della partenza.
Durante la gara erano posizionati alcuni check point per il rifornimento dell’acqua delle borracce e c’era la possibilità di rinfrescarsi; chi aveva necessità poteva riposarsi sotto alcune tende o ricorrere alle cure mediche.
Lungo il tracciato era presente personale medico per eventuali necessità.
Alla fine della tappa, ci veniva offerto un tipico tè marocchino alla menta e ci veniva assegnata la razione di acqua giornaliera di 5 litri che doveva bastarci fino alla partenza del giorno successivo.
Per mantenere i contatti con le famiglie erano state installate apposite tende denominate “Emotion boxes” dove era possibile registrare un video di un minuto. I telefoni cellulari prendevano con molta difficoltà, ma io avevo scelto comunque di non telefonare e di non guardare i messaggi per cercare di vivere a pieno l’esperienza del deserto.
Nel pomeriggio c’erano incontri e sedute di yoga/stretching con concorrenti delle precedenti edizioni.
La cena chiudeva la serata; ognuno si preparava il proprio pasto a base prevalentemente di liofilizzati. Ove possibile, si accendeva il fuoco oppure si utilizzavano i fornelli da campo.
Qualche volta le persone locali, coinvolte nell’organizzazione per la logistica del campo, organizzavano falò e improvvisavano canti e balli tradizionali per allietare i partecipanti.
Col calar del sole intorno alle ore 20,00 si cominciava ad organizzarsi per andare a dormire”.
Le emozioni: “Dobbiamo essere riconoscenti sempre per tutto quel che abbiamo”
Come è correre nel deserto? Che emozioni si provano?
“La corsa nel deserto non è sempre uguale. Si incontrano vari tipi di terreno: dune di sabbia, rocce miste a sabbia sia in pianura che in montagna, laghi e letti di fiumi inariditi.
Particolarmente faticosa è la corsa sulla sabbia e sulle dune soprattutto col caldo che nell’orario dalle 11 alle 15 era difficile sopportare.
Durante la gara si restava per lo più da soli.
Mentre ero nel deserto, riflettevo su quanto siamo fortunati ad essere nati e a vivere in Italia con tanto verde, acqua, mare, laghi e tutte le bellezze di cui siamo circondati e che diamo quasi per scontate. Dobbiamo essere riconoscenti sempre per tutto quel che abbiamo e non possiamo permetterci di lamentarci perché ci sono popolazioni che vivono con pochissimo e in condizioni veramente estreme.
Durante le tappe spesso mi domandavo se ce l’avrei fatta a completare una competizione così lunga che in precedenza non avevo mai affrontato, ma mi facevo coraggio pensando a concentrarmi su un chilometro alla volta: molte volte, e questo mi succede anche nella vita di tutti i giorni, ci si fa prendere dal panico se gli obiettivi sono troppo grandi per le nostre capacità o esperienze. In realtà aiuta molto suddividere l’obiettivo in parti più piccole così che ogni parte è più facilmente gestibile.”
Parmigiano e prosciutto crudo per recuperare energia
C’è stato un momento in cui hai pensato di mollare?
“Ci sono stati momenti in cui ho avuto particolarmente caldo, oppure mi sentivo particolarmente debole e stanco mentalmente che pensavo di non riuscire a finire.
La determinazione che mi ha portato ad affrontare questa sfida mi dava la carica per non mollare e l’obiettivo restava comunque quello di arrivare al traguardo.
Tuttavia, in quei momenti temevo tutte le variabili da tenere sotto controllo. Nella tappa più lunga in cui il caldo si è fatto sentire in modo particolare e in cui per molti chilometri abbiamo corso sulle dune mi sono fermato al check point per circa un’ora e mezza perché avevo bisogno di riposare, di mangiare qualcosa di salato (fino a quel momento mi ero nutrito solo di barrette energetiche e carbogel) e per fortuna mi ero portato del parmigiano reggiano e del prosciutto crudo che mi hanno dato nuove energie per continuare fino alla fine della tappa”.
Cosa ti è mancato di più?
“Sono tante le cose che in quella situazione vorresti avere, ma forse ciò di cui senti più bisogno in quei giorni è l’acqua fresca (per la maggior parte del tempo si beve acqua riscaldata dal sole), un bel piatto di pasta e della frutta fresca.”
Correre: un modo per stare bene e scoprire le proprie potenzialità
Come rispondi a chi dice: “Io corro solo quando devo arrivare da qualche parte”?
“Da quando ho ripreso a correre con regolarità mi sento bene e non ho più dolori che si concentravano nella zona delle spalle e del collo a motivo delle abitudini sedentarie legate al lavoro (accentuatesi soprattutto nel periodo del Covid). Per me correre è un modo per stare bene, anche se costa sacrifici, soprattutto quando ci si prepara per qualche gara particolare come la Marathon des Sables.
A volte devi sacrificare qualcosa anche in famiglia, ma in genere cerco di organizzarmi al meglio e a volte mi alzo anche alle 5 di mattina per potermi allenare e rispettare comunque i miei impegni familiari e lavorativi.
Capisco che non a tutti piace correre, a qualcuno sembra una perdita di tempo, personalmente è il modo più facile per fare sport perché posso gestirmelo quando e come voglio.”
Che messaggio ti porti dietro da questa esperienza? Sei tornato a casa con delle nuove consapevolezze?
“Grazie a questa esperienza ho avuto modo di verificare che abbiamo delle potenzialità che neanche noi conosciamo. La tentazione spesso è quella di rimanere nella nostra zona di comfort mentre è proprio con questo tipo di esperienze che ci rendiamo conto di quali e quante potenzialità inespresse abbiamo.
Dopo esperienze come questa si prende coscienza di poter fare cose anche difficili e apparentemente “impossibili”. Avendo determinazione, costanza e perseveranza si possono raggiungere obiettivi inaspettati ma certamente ci vuole anche tanto spirito di sacrificio”.
La passione per lo sport condivisa in famiglia: la maratona con i figli
Da chi ti è stata trasmessa la passione per lo sport? Sei riuscito a tua volta a trasmetterla a qualcuno?
“In famiglia abbiamo sempre praticato sport e alle medie scoprii di avere una predisposizione per la corsa di resistenza; ottenni anche qualche bel risultato. Ripresi circa una quindicina di anni fa a correre con un po’ più di costanza.
Ho corso circa una decina di maratone in Italia finora, mi sono cimentato anche nella 100 km del Passatore tra Firenze e Faenza.
Recentemente ho coinvolto i miei figli che, nonostante la loro giovane età, hanno già completato delle maratone. Insieme a mia figlia abbiamo corso le maratone di Bologna e di Berlino l’anno scorso e sicuramente faremo ancora qualcosa insieme”.
La partecipazione di Pio Fabietti alla Mezza Maratona di Latina
Una passione inarrestabile quella di Pio Fabietti che dopo appena un mese dalla maratona nel deserto marocchino ha preso parte anche alla Mezza Maratona di Latina del 19 maggio. In confronto al deserto, una passeggiata.
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