Si fa evidente la contiguità tra politici e noti esercenti di attività finanziarie, commerciali e artigianali apriliane con i rappresentanti del sodalizio criminale che domina Aprilia. Persino le forze dell’ordine non sono immuni a una contiguità con l’organizzatissimo gruppo criminale.
Un sodalizio impegnato soprattutto nella gestione del traffico di stupefacenti, che sembra essere l’attività maggiormente remunerativa. Ci sono poi anche diverse attività come l’usura o l’intimidazione per conto terzi.
La “pax” apriliana
La vicinanza al mondo politico è un elemento che rafforza il potere del clan, che si adopera per mantenere ad Aprilia una pax tra fazioni e singoli. Ciò permette di non agitare le acque in un territorio completamente controllato.
Il clan vuole Aprilia pacificata e tranquilla, non permette ad altre organizzazioni criminose di entrare nel suo territorio, come accaduto con altri criminali dediti alle richieste di pizzo, a cui viene fatto capire che devono tenersi ben alla larga dalla città pontina.
È attivo persino un servizio di mutua assistenza per le spese legali di chi viene messo in carcere, spese spesso finanziate proprio dal tessuto imprenditoriale apriliano.
Il sistema criminale si sostituisce allo Stato nel garantire tranquillità e prosperità e chi prova ad ostacolare tale situazione rischia pesantissime ritorsioni.
La capacità di spostare grossi pacchetti di voti porta poi a un legame strettissimo con il mondo politico, visto come occasione per mungere la pubblica amministrazione.
La città di Aprilia tenuta all’oscuro. È giusto?
Tra le carte dei giudici si rintraccia anche la richiesta della Procura di arresto e custodia in carcere per Lanfranco Principi già datata novembre 2021, cioè quasi 2 anni prima che si candidi a sindaco di Aprilia, vincendo le elezioni.
La norma italiana infatti garantisce la libertà dei diritti politici, cioè di votare ed essere votato, almeno che un giudice non sancisca il contrario, ma ciò può avvenire solo dopo un regolare processo.
Quindi il dubbio ora è se sia stato giusto permettere la candidatura di Principi a sindaco, senza che i cittadini conoscessero le cose che alla magistratura erano ben note.
I garantisti riaffermano che solo una condanna definitiva può togliere tali diritti ad un uomo, mentre all’opposto c’è chi pensa che un candidato sindaco debba essere di specchiata moralità.
E qui entra in campo anche l’operato della stampa, che in Italia è completamente soggiogata dal potere politico. Decidono i politici cosa si può e cosa non si può scrivere. Se un giornalista non ‘obbedisce’ ne paga le conseguenze in prima persona. E i cittadini così restano all’oscuro.
La funzione di “cane da guardia della democrazia” è riconosciuta alla stampa in tutti i paesi democratici del mondo, esclusa l’Italia.
Siamo ultimi tra le democrazie nella classifica della libertà di stampa, superati persino da paesi come Burkina Faso, Trinitad e Tobago e Papua Nuova Guinea.
L’Europa continua ad ammonirci da decenni di cambiare le nostre leggi sulla stampa. Ma queste invece negli ultimi tempi sono diventate ancora più dure nei confronti del giornalista che vuole svelare ai cittadini verità che in qualche modo colpiscono il mondo politico.
La casta non si tocca, anche se fa sempre più da garante alle attività dei maggiori gruppi mafiosi e criminali in Italia.
È solo l’inizio?
Nelle carte dei giudici tanti sono gli “omissis”, cioè le parti ad esempio di intercettazioni non riportate.
Questo potrebbe indicare che non possono essere ancora diffusi molti elementi, perché le indagini sono ancora in corso. Potremmo essere davanti al classico pentolone a cui è stato tolto il coperchio.
Non è da escludere che ci possano essere ulteriori sviluppi, anche eclatanti.
Ci saranno ora tutti gli interrogatori dei coinvolti nella vicenda, anche quelli non arrestati. E questo potrebbe portare a chiarire molti aspetti rimasti al momento ancora poco chiari. La vicenda, insomma, difficilmente si può ritenere conclusa.
I processi che saranno avviati probabilmente si muoveranno maggiormente intorno all’accusa di “associazione a delinquere di stampo mafioso“, perché questo è il reato più pesante, che comporterebbe le pene più elevate.
Se infatti per il traffico di stupefacenti, l’usura ed altri reati le prove sembrano essere piuttosto solide, quello dell’associazione criminale è pur sempre un teorema dei magistrati della Procura, che i giudici del Tribunale poi dovranno decidere se accettare o no. Cambia moltissimo, proprio in funzione della pesantezza di eventuali condanne.
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