Villa Domiziano si estende su 46 ettari e sono ancora poche le parti riportate alla luce. Si tratta della seconda villa imperiale per grandezza nel Lazio, seconda solo a Villa Adriana a Tivoli, oggetto di saccheggio dal settecento, tanto che di circa trenta statue lì presenti si è quasi persa ogni traccia, oggetto di scavi nel 1934, in occasione della fondazione di Sabaudia, poi di nuovo dimenticata e realmente tutelata solo a partire dagli anni ’70, diventando ed essendo ancora oggetto di numerosi studi. “Cercheremo di aprire il sito con regolarità una volta ricevute indicazioni dal Ministero, stiamo pensando anche a ripristinare la biglietteria e una volta ultimati i lavori raddoppierà l’area visitabile”, dichiara il soprintendente Saverio Urciuoli. Miglioreranno così i percorsi per ammirare le terme, che conservano anche particolari forme di opus e marmi policromi, la zona tricliniare vicina alle sponde del lago di Paola, quella adibita ai ricevimenti, e le grandi cisterne, dove sono conservati anche dei graffiti che raffigurano imbarcazioni egiziane, opera probabilmente di un prigioniero che aveva avuto modo di viaggiare lungo il Nilo. Si tratta di reperti che emergono in mezzo al bosco del Parco del Circeo e che sono diventati pienamente parte del delicato ecosistema, con ben cinque specie di pipistrelli ritenute in via di estinzione in Europa presenti nei cuniculi un tempo percorsi dagli schiavi per far funzionare gli impianti termali. Verrà poi resa fruibile l’area attualmente chiusa, dove si trovano una grande peschiera, altre terme, la cosiddetta cisterna quadrata e una domus. Ma da Villa Domiziano molti sono anche i reperti che, per evitare che diventassero facile preda di vandali e tombaroli, la Soprintendenza è stata costretta a mettere in un magazzino a Sabaudia. “C’è materiale sufficiente per allestire un museo”, assicura il funzionario Massimo Righi. E un museo archeologico manca alla città delle dune.
Clemente Pistilli