L’ASTENSIONISMO INVOLONTARIO DEI FUORISEDE
Ad oggi il sistema legislativo italiano prevede la possibilità di votare a distanza solo se si è residenti all’estero. Studenti e lavoratori che vivono in Italia, ma in un comune diverso dalla propria residenza, sono invece obbligati a tornare nel comune di residenza. Diversi sono gli ostacoli che possono frapporsi tra i fuorisede che si spostano nei confini nazionali e il loro diritto al voto. Basti pensare alle fatiche di carattere logistico ed economico, o anche agli impegni lavorativi o studenteschi, che non sempre rendono possibile il ritorno a casa.
Un rapporto dell’aprile 2022, redatto da una commissione istituita dal ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, rivela che sono circa 5 milioni gli elettori che vivono in una regione diversa da quella di residenza. “Non si tratta solo di fuorisede per motivi di studio – spiega Leonardo Santoro, del Comitato “Voto Dove Vivo” – ci sono i fuorisede per motivi di studio, che sono circa 3 milioni, poi ci sono anche i lavoratori fuorisede, c’è anche chi va a curarsi fuori dalla propria regione e quindi non può votare”.
LE PROPOSTE DI LEGGE NAUFRAGATE
La problematica non è nuova al nostro Paese, ed è già approdata in Parlamento, seppur con scarsi risultati. La proposta di legge più datata sul tema, supportata dal Comitato Civico “Voto Dove Vivo”, risale al marzo 2019 e ha come prima firmataria la deputata del Partito Democratico Marianna Madia. “La proposta nasce nel II Municipio di Roma, nei giovani democratici – racconta ancora Santoro – Marianna Madia 5 anni fa era candidata lì, e si impegnò a portare in Parlamento una proposta di legge per far votare i fuorisede. In II Municipio c’è la Luiss, La Sapienza e altre università, quindi il tema è sentito abbastanza forte”.
La legge in questione avrebbe introdotto diversi strumenti alternativi – ma non del tutto sconosciuti – per permettere ai fuorisede nazionali di esercitare il diritto di voto senza impedimenti. “Prevedeva di far votare i fuorisede per le politiche, per i referendum, per le elezioni europee, attraverso lo Spid – spiega Santoro – poi c’era anche una parte finale della legge che prevedeva la delega al governo di sperimentare il voto elettronico. È praticamente il voto per corrispondenza dall’estero trasportato per i fuorisede in Italia”.
Tuttavia questa proposta, come tante altre, non ha mai visto la luce. “La proposta era la più vecchia in commissione Affari costituzionali – continua Santoro – è la prima di questa legislatura presentata, ce n’erano altre in commissione, anche della scorsa legislatura, poi ne sono state portate altre 5, però la proposta che ha come prima firmataria Marianna Madia doveva essere discussa in aula il 25 luglio, invece il 25 è caduto il governo Draghi”.
IL FUTURO DEL DIRITTO DI VOTO DEI FUORISEDE
Ad oggi, con l’avvicinarsi delle elezioni politiche del 25 settembre 2022, il tema è tornato sotto i riflettori. “Ogni volta che si vota il tema è sempre sentito – commenta ancora Leonardo Santoro – però poi cade nel dimenticatoio”.
Tuttavia non vi sono segni di cedimento su questo fronte, procedono le battaglie di chi – come il Comitato “Voto Dove Vivo” – vuole condurre verso soluzioni reali al problema. “Credo che nel prossimo Parlamento forse si riprenderà a discutere di questa proposta di legge – chiosa Santoro – perché arrivati a questo iter, un Parlamento sano, la porterebbe avanti. Nel concreto, per queste elezioni, non so se si potrà fare qualcosa, so che qualche deputato sta provando a chiedere qualche deroga, ma credo che il ministero dell’Interno non abbia gli strumenti necessari per far votare i fuorisede in questa tornata elettorale. Noi proveremo a portare sempre avanti la battaglia così come abbiamo fatto in questi anni, anche perché probabilmente la legge rimarrà lì ferma, quindi proveremo a smuovere l’opinione pubblica più di come si è mossa in questo momento. Il Comitato non morirà con le elezioni”.
Marilisa Di Crosta
Il commento del direttore
di Stefano Carugno
A 5 milioni di italiani è in pratica negato il diritto di voto. Se vivi in Siberia, in Patagonia o Papuasia puoi votare anche per posta, se vivi a Milano o Napoli, momentaneamente in un comune differente da quello di residenza per studio o per lavoro, non puoi votare. Nemmeno se sei in possesso dello Spid!
Quindi per posta dall’estero Sì, ma in Italia, con lo Spid, No!
Nell’era in cui ormai anche il fisco si è informatizzato (storicamente il fisco è sempre l’ultimo ad adottare soluzioni innovative), le procedure per le elezioni sono ferme al 1948. Basti ricordare che nel kit del seggio elettorale c’è ancora oggi una candela, dello spago, un nastro di carta non adesiva, il tampone per l’inchiostro; inoltre, nell’era del copia-incolla ogni seggio deve riscrivere sui verbali tutti i nomi dei candidati (sono centinaia) a mano e su più copie dei verbali!!!
Quando vuole, lo Stato riesce davvero a rendersi ridicolo.
Ma qui c’è poco da ridere: quasi il 10% degli elettori italiani non potranno votare. E se prima c’era la scusa che la tecnologia non lo permetteva, adesso con internet e lo Spid, vorrei sentire che scusa viene accampata.
Vi sembrano elezioni regolari?
Vi sembra democrazia?