L’incontro è stato preceduto dalla presentazione di reperti etruschi, alcuni esposti per la prima volta nella mostra “Caere. Storia di dispersioni e di recuperi” allestita presso il Museo e curata dalla stessa Laura Michetti, insieme a Claudia Carlucci del Polo Museale Sapienza, Alessandro Conti del Dipartimento di Scienze dell’Antichità e Rossella Zaccagnini della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Provincia di Viterbo e per l’Etruria meridionale.
Il tema dell’esposizione in corso è infatti proprio quello della dispersione del patrimonio archeologico, causata dagli scavi clandestini che affliggono l’intero territorio nazionale e soprattutto l’area del Lazio etrusco, e del suo recupero reso possibile grazie alla collaborazione tra le istituzioni e le forze dell’ordine che si sono rese protagoniste di questi recuperi, il Ministero della Cultura, i Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio culturale, la Guardia di Finanza, cui si affianca il Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera per la tutela del patrimonio archeologico sommerso e costiero dell’Etruria Meridionale.
I REPERTI PRESENTATI
Tra i reperti presentati, spicca un grande cratere a calice con figure rosse, gemello del “Cratere di Sarpedonte”, letteralmente “firmato” da Euphronios, uno dei massimi artisti greci della fine del VI secolo a.C.
L’opera ritrae una scena di lotta tra Eracle e Kynos, impreziosita dalla presenza dei nomi sia del ceramografo sia dei protagonisti rappresentati. Il cratere è stato restituito dal Metropolitan Museum of Art di New York ed è stato affidato ora alla Sapienza dalla Soprintendenza. Il recupero del bene è stato possibile grazie alle indagini della Procura di Roma e del Comando dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale che hanno accertato la provenienza da scavi clandestini avvenuti a Cerveteri negli anni ’70.
Il cratere molto probabilmente è stato trafugato dalla necropoli di Greppe S., dalla quale proverrebbe anche l’altro celeberrimo esemplare con la morte di Sarpedonte, e dopo diversi passaggi di proprietà è stato concesso in prestito al museo newyorkese nel 1999.
Solo grazie a una ricostruzione complessa e accurata, l’opera è potuta rientrare in Italia nel 2010, in base a un accordo di restituzione siglato tra le autorità italiane e quelle americane.
Tra gli altri capolavori presentati al pubblico per la prima volta, 4 lastre di terracotta dipinte di produzione etrusca, un’eccezionale testimonianza di pittura antica, sequestrate giusto poco prima del loro ingresso nel mercato clandestino grazie all’intervento del Comando provinciale della Guardia di Finanza di Roma nell’agosto del 2019.
“Sapevamo che era in corso una trattativa per trasferire via mare dei reperti archeologici in Centro America – Golfo del Messico, tramite una grossa imbarcazione da diporto. Non immaginavano di quali reperti si trattasse, ma siamo intervenuti in tempo utile per evitare che fossero portati all’estero e in quel momento ci siamo trovati davanti le tavole dipinte in stato frammentario, forse ridotte così proprio per facilitare il loro spostamento – spiega il Cap. Manuel Carbonara – Sono state necessarie una serie di analisi diagnostiche per accertarne l’originalità e la datazione e un successivo accurato restauro al termine del quale è stato possibile collocarle in un contesto storico preciso, grazie al contributo delle competenze degli archeologi”.
Inoltre, per quanto riguarda la tutela del patrimonio archeologico sommerso e costiero dell’Etruria Meridionale, in contesti di particolare interesse archeologico come nelle acque antistanti il sito etrusco di Pyrgi (Santa Marinella – Roma), la Direzione Marittima del Lazio è impegnata in una costante attività di tutela in collaborazione con la Soprintendenza, essenziale ad impedire scavi illegali anche in contesti sommersi.
Tali attività si concretizzano – come spiega il Direttore Marittimo del Lazio CV (CP) Michele Castaldo – grazie all’emanazione di ordinanze di interdizione a protezione dei giacimenti archeologici sommersi che vengono fatte rispettare dai Comandi territoriali e attraverso una serie di specifici controlli condotti sulle unità navali e nei porti per prevenire il trasporto illegale di beni culturali anche all’estero.
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