Francesco Buda
Non solo i più tassati d’Italia e d’Europa. Ora è conclamata anche nella nostra regione la “malattia” che aveva colpito le altre aree del Paese prima di noi: l’indebitamento patologico. Con il conseguente aumento del rischio di finire nel giro degli strozzini, specialmente nelle province di Roma e Latina, che con Frosinone risultano tra quelle più deboli dell’intera nazione in termini socio-economici: girano meno soldi legali, vi sono più sofferenze bancarie e protesti, più insolvenze e fallimenti, meno prestiti e quindi maggiore esposizione all’usura. È la radiografia fornita dalla nuova edizione del meticoloso studio “Indebitamento patologico e credito illegale nella crisi attuale”, realizzato dal sociologo Maurizio Fiasco, consulente della Consulta nazionale antiusura.
ROMA E LATINA
DIVENTANO SUD
La ricerca elabora i dati del periodo 2009-2012, messi a confronto con il triennio 2005-2008 e riguarda le imprese. Combina diversi fattori relativi all’economia, la finanza, il crimine e gli aspetti sociali. Dai fallimenti, protesti, insolvenze e sofferenze bancarie all’accesso al credito, dai consumi e redditi a tasse, rapine, estorsioni e reati di usura… Tutti aspetti sui quali la provincia capitolina, quella pontina insieme alla Ciociaria mostrano gravi peggioramenti, ponendosi in fondo alla graduatoria italiana, dove figurano solo province meridionali.
Sono socio-economicamente meno sicure e floride, scendono ulteriormente nella classifica della sicurezza dal rischio di usura e credito fuorilegge, rispetto alla precedente edizione del 2010. Nella graduatoria complessiva delle 103 province, Roma diventa più vulnerabile perdendo 12 posti (dal 47° al 59°), Latina si aggrava spaventosamente e precipita di in fondo alla classifica dall’80° al 92° posto. Dopo Palermo, Foggia, Cosenza…
BOOM DI SOFFERENZE
BANCARIE E FALLIMENTI
Latina, Roma e Rieti, poi, sono nella lista nera delle 20 province con l’incremento maggiore delle sofferenze bancarie (i prestiti che difficilmente verranno restituiti). A Latina, dal 2009 al 2012, questo indicatore è salito del 174,4% (è la terza più “sofferente” in Italia); Roma è 15esima, con 134% di sofferenze in più negli ultimi 4 anni. L’aumento medio nazionale è dell’88,8% e quello regionale è del 118%… «Nel Lazio, la provincia pontina – spiega il Prof Fiasco – appare quella più penalizzata dalla Grande Crisi. Sulla provincia romana vi è un indicatore particolarmente preoccupante: l’anomala percentuale delle chiusure di imprese con richiesta di fallimento che supera il 66% degli eventi di cessazione di imprese».
CRESCE L’USURA
Latina, Viterbo e Frosinone vanno malissimo in fatto di “usura constatata”, ponendosi tra le 10 peggiori d’Italia. Colpa anche delle banche che hanno intascato complessivamente circa mille miliardi di euro (260 quelle italiane) concessi dalla Banca centrale europea a tasso di favore dell’1%, tra dicembre 2011 e febbraio 2012. Il malloppo doveva servire a sostenere l’economia, le imprese e le famiglie. Di fatto ottenere un prestito è diventato più oneroso e troppo spesso impossibile anche per aziende sane, attive e con ordinativi in corso. E il Lazio, con l’Italia centrale, mostra un dato da brivido: quasi il meno 10% dei finanziamenti accordati nel periodo 2009 – 2012 rispetto al 2005 – 2008, quando invece i prestiti erano cresciuti in media del +37,5% nell’Italia centrale (del +26,9% al livello nazionale). Una chiusura dei rubinetti ancora più beffarda nella provincia capitolina, dove tra il 2005 e il 2008 i prestiti concessi erano saliti del +47,8%.
SPIRALE VIZIOSA
«Sono diminuiti i prestiti alle imprese e hanno subìto un rallentamento quelli alle famiglie – sottolinea l’esperto – e si sono aumentati i tassi di interesse e i costi accessori e l’onerosità delle garanzie per avere il credito. Di qui una spirale viziosa. Se da un lato c’è una responsabilità di quelle aziende che non sanno affrontare la crisi in modo efficace, è evidente l’ottusità delle banche, con una infinità di scorrettezze, più o meno gravi. Se mandi per aria un cliente per il tuo panico sui tuoi conti e non distingui tra chi può restare sul mercato e chi deve chiudere, vai a colpire la possibilità di creare reddito da parte di molte imrpese e ti privi di un cliente che nel tempo ti potrà rendere molto di più di quello che gli togli oggi», afferma il ricercatore.
30/09/2013