Dopo due giorni di agonia Singh Satnam è morto oggi a Roma.
Insistiamo sul nome, perché troppo spesso tra i diritti negati agli sfruttati c’è anche il diritto ad avere un nome proprio. Non era semplicemente un bracciante, un indiano, uno straniero. Era Singh Satnam.
Le reazioni della politica
L’incidente al bracciante indiano Singh Satnam è avvenuto il 17 giugno scorso nelle campagne di Borgo Santa Maria, frazione rurale di Latina. Il fatto ha avuto un’enorme risonanza mediatica in tutta Italia per l’orrore che l’avvolge.
Alla notizia del decesso sono giunti i messaggi di cordoglio di varie personalità politiche, di ogni orientamento.
La sindaca di Latina Matilde Celentano si è detta sgomenta e addolorata. Ha annunciato che l’intero Consiglio comunale della città di Latina ha espresso la volontà di costituirsi parte civile nel futuro processo.
“Provo sgomento per la morte del bracciante, vittima di un incidente sul lavoro avvenuto il 17 giugno scorso a Borgo Santa Maria. Il giovane uomo rimasto gravemente ferito era stato poi abbandonato in strada anziché soccorso.
Adesso più che mai, di fronte alla notizia del decesso, che mi addolora profondamente, accolgo la richiesta che proprio questa mattina mi è arrivata dall’intero Consiglio comunale di promuovere, ove ne ricorrano i presupposti, la costituzione di parte civile del Comune di Latina al futuro processo.
L’episodio avvenuto nella nostra città costituisce una violazione dei diritti umani fondamentali, della dignità umana e delle norme inerenti la sicurezza dei lavoratori.
Nell’esprime cordoglio alla famiglia del bracciante deceduto, anche da parte dell’amministrazione comunale tutta, sarà mio impegno affinché il Comune si faccia fautore assieme a tutte le altre istituzioni, enti e organismi coinvolti della lotta al caporalato, divenuto ormai una vergognosa piaga”.
“La lotta al caporalato non si fa solo con le parole, occorrono misure urgenti per contrastare questa piaga sociale”, dicono dal M5S Lazio.
“È nostro compito urgente intervenire per fare luce sulle responsabilità della politica: bisogna scardinare i meccanismi di impunità che permettono una totale compressione dei diritti dei cittadini non italiani nei posti di lavoro, specialmente nel settore agricolo”, è la posizione di Claudio Marotta, capogruppo per Alleanza Verdi e Sinistra in Consiglio regionale del Lazio.
“Davvero, mai più!”, tuona la consigliera regionale del Partito Democratico Marta Bonafoni.
Sicuramente oltre alle note di cordoglio, la politica deve fare di più. Perché quanto accaduto a Satnam va oltre discorsi di tipo economico sul costo del lavoro. Va oltre i dibattiti sulle politiche migratorie. Qui è in discussione la nostra umanità. Non si abbandona un essere umano ferito come fosse un rifiuto.
Tutto il mondo politico deve impegnarsi a fondo per combattere quella vergogna che è il sistema del caporalato e del padronato in vigore nelle campagne della provincia di Latina. Una vera e propria forma di schiavitù moderna, che in quanto a crudeltà non ha nulla da invidiare ai campi di cotone dei tempi di Abramo Lincoln.
La comunità indiana alza la testa
La comunità indiana non vuole più stare a guardare. Questa morte li ha colpiti profondamente.
A seguito dell’orribile morte di Singh Satnam, la Comunità Indiana del Lazio ha inviato un comunicato stampa in cui annuncia una manifestazione a Latina per martedì 25 giugno.
I manifestanti chiederanno di essere ricevuti dal Prefetto a cui presenteranno le loro denunce sulle condizioni di lavoro cui sono soggetti.
L’invito alle varie comunità indiane del Lazio, ai sindacati e alle organizzazioni che si occupano dei diritti del lavoratori è quello di proclamare una giornata di sciopero generale per i lavoratori agricoli della Provincia di Latina, in segno di protesta, di solidarietà, di denuncia.
Pubblichiamo per intero il comunicato ricevuto, per dare voce a chi troppo spesso voce non ne ha.
Comunicato Stampa della Comunità Indiana del Lazio
“Come Comunità Indiana del Lazio, non possiamo accettare una morte come questa di Satnam.
C’eravamo già trovati di fronte a veri e propri atti disumani nei confronti dei tanti fratelli indiani che abitano e lavorano nella Provincia di Latina, ma mai avremmo pensato di trovarci addirittura davanti una morte. Una morte che forse si sarebbe potuta e si sarebbe dovuta evitare. Invece no. Satnam dopo
due giorni di agonia non ce l’ha fatta.
Già nel passato come Comunità Indiana ci siamo trovati a subire situazioni di particolare gravità, ma mai avremmo pensato di trovarci di fronte ad un atto di questa ferocia, a tal punto da piangere la morte di un fratello, che, era venuto in Italia con la sua famiglia, per lavorare e certamente non per morire.
Tutte le manifestazioni effettuate negli anni precedenti contro lo sfruttamento dei nostri fratelli che lavorano in agricoltura, insieme a quelle in cui abbiamo manifestato contro politiche immigratorie che non danno nessuna risposta alle nostre necessità insieme al ritardo e/o il mancato rilascio di un permesso di soggiorno, sono da sempre state considerate da parte nostra come il primo passo verso lo sfruttamento.
Ma, nonostante questo, ancora una volta chi ci ha rimesso, e stavolta con la vita, è stato Satnam, uno dei tanti lavoratori indiani che vengono in Italia per lavorare e per essere pagati correttamente, ma certamente non per essere sfruttati o addirittura morire ammazzati.”
Come Comunità Indiana del Lazio abbiamo deciso di non rimanere a guardare
“È per tutto questo che, come Comunità Indiana del Lazio, abbiamo deciso di non rimanere a guardare mentre tutta la nostra comunità continua a piangere i suoi fratelli. Per questo motivo abbiamo deciso di tornare in piazza a manifestare la nostra rabbia verso chi commette questi sfruttamenti e queste barbarie.
Per tutti questi motivi, ma soprattutto per Satnam, martedì 25 giugno 2024 effettueremo una grande manifestazione in cui, alla conclusione, chiederemo di essere accolti dal Prefetto di Latina a cui lasceremo una lettera aperta per denunciare tutto quello che succede ogni giorno per cercare di arrivare, una volta per tutte, al punto in cui queste cose non accadano più.
Invitiamo tutte le comunità indiane del Lazio a partecipare a questa manifestazione ed invitiamo anche tutti i sindacati e tutte le associazioni che si occupano dei diritti dei lavoratori a proclamare per quel giorno una giornata di sciopero generale per i lavoratori agricoli della Provincia di Latina così da far sentire forte la loro voce e per far sì che tragedie come quella di Satnam non accadano mai più.”
La denuncia in Parlamento contro il “fascismo agrario”
Poco meno di un mese fa il deputato PD Arturo Scotto aveva presentato un’interrogazione parlamentare nella quale denunciava caporalato, padronato e inquietanti costrizioni quali l’obbligo del saluto romano nelle aziende agricole della provincia di Latina.
“Tra le più inquietanti costrizioni cui sono costretti i braccianti, si annovera l’obbligo, imposto dal datore di lavoro o dal caporale indiano, di abbassare il capo o fare il saluto romano dinanzi all’effige o busto del dittatore Mussolini presente in alcune aziende agricole pontine.” Così si legge nell’interrogazione del 25 maggio indirizzata al Ministro dell’interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste.
“Si tratta di una forma di un’umiliazione che indica la precisa collocazione di alcuni imprenditori nel quadro di un «fascismo agrario» che è, come sempre, in chiara contraddizione con lo Stato democratico vigente”.
Queste le dure parole di Scotto che, alla luce di quanto accaduto a Singh Satnam, assumono connotazioni ancora più inquietanti e drammatiche.
“A quanto si apprende, il loro scopo sarebbe quello di «insegnare», come è stato più volte riferito, l’ordine superiore al quale i lavoratori stranieri devono sottostare, ricordando loro che «in Italia comandano gli italiani» e che «il fascismo è la fede politica nella quale credono i padroni»”.
Il deputato nell’interrogazione chiedeva a tutta la politica nazionale che il contrasto allo sfruttamento, al padronato e al caporalato nell’Agro Pontino, come nel resto del Paese, torni ad essere una priorità per la politica nazionale.
Con la morte di Singh Satnam questa richiesta si fa ancora più pressante. Perché al di là del credo politico, è inaccettabile trattare degli esseri umani come schiavi, anzi peggio, come rifiuti.
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